L’intervista di ieri sulla Stampa a Arrigo Sacchi, evidenzia, come sempre quando parla, aspetti su cui gli allenatori dovrebbero riflettere di più. In questo caso ha detto una cosa solo apparentemente ovvia: “il gruppo si forma se tutti parlano la stessa lingua e se ognuno è funzionale al gioco di squadra.” Cita Michelangelo dicendo che la testa viene prima delle mani. Non sono comunque così ottimista come Sacchi si definisce poichè conosco molti allenatori di alto livello che non si preoccupano affatto di queste problematiche. Sacchi mi ha fatto quando era allenatore della nazionale di calcio una domanda che nessun altro mi ha mai ripetuto: “Devi dirmi quante informazioni posso dare a ogni singolo calciatore senza che si confonda.” Alla nazionale avevo somministrato un questionario, il test di stile interpersonale e attentivo, che forniva informazioni proprio su questo tema e poi avevo assistito ad alcuni allenamenti, così sono stato in grado di dargli una risposta. Questo evidenzia il suo considerare l’allenamento come una situazione di insegnamento in cui il maestro vuole comprendere come ragionano i suoi allievi così da poterli guidare nel modo che ritiene migliore. Questo è un piccolo esempio di cosa significa servirsi del linguaggio adeguato, e non pensare solo all’esecuzione degli schemi, come molti suoi seguaci hanno fatto, riducendo il gioco a schema e riducendo l’assunzione di responsabilità del calciatore (che nel calcio consiste nel sapere saltare l’avversario e nel tirare in porta) al solo ambito della esecuzione tattica e della conseguente preparazione fisica.
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