Gli atleti fanno parte di quella che è stata chiamata la meglio gioventù. Ovviamente non si tratta di fornire patenti morali a qualche categoria rispetto ad altre, ma mi serve questa metafora per evidenziare un aspetto che da noi non è preso in considerazione. Si tratta del passaggio da una carriera di atleta a quella di ex atleta, e già la scelta del termine “ex” sta a indicare persone che vengono identificate per cosa non sono più e non per cosa sono o vogliono diventare. Perchè al di là delle parole, l’atleta finisce un’attività che è stata totalizzante e nella maggior parte dei casi non è pronto e nonsa come organizzare il proprio futuro. Sono invece convinto che al termine della loro carriera sportiva gli atleti sono un valore importante per una nazione che non deve essere assolutamente perso. Qui al massimo si sente dire “ma quello è ricco, che vuole?” oppure “lo sapeva che sarebbe finita.” Si passa in quella condizione sociale che gli americani molto pragmaticamente hanno definito “from hero to zero.” Da noi non esiste alcun programma in nessuno sport per la qualificazione di queste persone in nuovi ruoli, sono totalmente abbandonati a se stessi. Al massimo qualche azienda gli trova un posto che consente di ricevere un salario come successe per gli Abbagnale. Invece gli atleti sono un valore non solo perchè il loro lavoro li ha formati a essere affidabili, responsabili, scrupolosi e onesti. Dico questo senza retorica, so benissimo che non tutti hanno queste qualità, ma la maggior sì. Noi come paese non li prendiamo in considerazione, non gli forniamo opportunità per imparare nuove professionalità, tanto ormai il loro dovere l’hanno fatto. Chissà perchè nei paesi anglosassoni piuttosto che in Francia non è così, sono dei filantropi? Il problema è sempre lo stesso, le istituzioni non se ne preoccupano perchè non portano più medaglie (come con le donne quando aspettano un figlio) e allora basta, avanti con un altro finchè dura.
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