Credo che Thorpe e Woods vadano seguiti e ammirati per ciò che fanno. Non parlo dei risultati sportivi ma della volontà di volere provare a se stessi che si può, cosa? Il primo che dopo essersi ritirato può nuovamente raggiungere altissimi livelli e il secondo che non è finito, nonostante sia intorno alla 50° posizione nel ranking. E’ possibile che vi siano anche risvolti economici alla base di quetse scelte, ma non sono di certo sufficienti a mettere nuovamente la propria faccia, sapendo di rischiare di non farcela. Questo per me è il punto fondamentale, l’accettazione del rischio, probabilmente questa è anche la caratteristica dei fuoriclasse, accettare gli errori e le disfatte ma essere lì con tutto se stessi nel volerci riuscire. Noi lo faremmo?
Translate
Powered by Google Translate.
Articoli recenti
- Comunicazione e insegnamento
- Allenare la comprensione del gioco
- Rilassamento, una parola scomparsa
- Imparare è un viaggio attraverso errori e successi
- Sapere condividere
- Master Class: Mindfulness and ACT under Pressure
- 30 anni di consulenze negli sport di tiro
- Cosa si chiede di fare oggi ai genitori
- Salute e sicurezza sul lavoro nello sport
- Fra gli adolescenti c’è un’influenza reciproca fra attività fisica e soddisfazione nella vita
Archivi
Tag
allenamento.
allenatori
atleti
attenzione
attività fisica
autismo
bambini
Basket
benessere
Calcio
concentrazione
doping
emozioni
errori
genitori
giovani
golf
impegno
Inter
ISSP
Juventus
lavoro
maratona
master
mente
motivazione
movimento
Napoli
olimpiadi
prestazione
psicologi
psicologia
psicologia dello sport
psicologo
Roma
salute
Scuola
sedentarietà
sport
squadra
stress
talento
tenacia.
Tennis
Vincere
0 Risposte a “A lezione da Thorpe e Woods”