Uno dei fattori che limitano la diffusione del mental coaching fra gli atleti risiede nella resistenza che gli allenatori mostrano nei confronti di questa attività. Per molti di loro la preparazione psicologica è “qualcosa in più” di cui servirsi solo in quei casi in cui gli atleti mostrano dei limiti mentali evidenti che ostacolano le loro prestazioni. In genere gli allenatori mandano dallo psicologo quegli atleti che loro chiamano “atleti da allenamento” e che in gara hanno uno scarso rendimento. In altri termini, inviano quegli atleti su cui dopo avere “provato di tutto” non riescono a “sbloccare”. Gli atleti che iniziano un percoro di miglioramento mentale partendo da una condizione negativa sperano di ottenere risultati positivi in breve tempo, cosa molto difficile per atleti che spesso hanno da anni lo stesso problema, non hanno mai fatto nulla per cambiare e vivono ogni gara con la speranza che sarà quella che gli farà superare il loro problema. Inoltre questi atleti non sono abituati a investire economicamente su di loro, fatta eccezione per qualche seduta di fisioterapia in caso di problemi fisici, e quindi pensare di avere un allenator mentale per almeno un anno con cui svolgere un preciso programma diventa un ulteriore ostacolo. A favore degli atleti va detto che le federazioni sportive e le organizzazioni sportive dello Stato non offrono alcun sostegno o per essere più chiari si disinteressano completamente di questa dimensione dell’allenamento. Di conseguenza quali sono gli atleti che seguono programmi di preparazione psicologica? Di solito sono gli atleti più forti, quelli da medaglia nelle gare internazionali, che capiscono il valore aggiunto del lavoro mentale e sono disposti a investire economicamente. Sono anche i genitori di chi pratica sport come il tennis o il golf che nella programmazione della carriera futura considerano anche questo aspetto e questi atleti sono in generale motivati a seguire questi programmi. Per ridurre l’impatto economico sul singolo le società sportive potrebbero organizzare degli incontri con i loro atleti, ma nessuno lo fa. D’altra parte è estremamente raro che un allenatore segua un programma di formazione psicologica, per cui mentre da un lato si tende a estremizzare sempre più la preparazione fisica e quella tecnica, per quanto riguarda quelle psicologica siamo ancora rimasti al principio del bastone e della carota che ognuno interpreta in funzione delle sue personali esperienze.
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