Il terzo tempo nel rugby è quello che vede le squadre avversarie e i tifosi ritrovarsi per mangiare e bere insieme, scambiandosi considerazioni e opinioni, al di là di chi ha vinto e perso. Il terzo tempo celebra qualcosa di più importante di un incontro agonistico ovvero il rispetto reciproco e il fair play, tutte peculiarità che hanno reso questo sport primo in sportività.
Negli ultimi anni anche il settore giovanile e scolastico del calcio ha inserito nel Comunicato Ufficiale n1 (documento pubblicato dal settore giovanile e scolastico della FIGC contenente tutte le indicazioni sulla stagione sportiva) la promozione del terzo tempo, e scrive: “Il Settore Giovanile e Scolastico promuove l’organizzazione del Terzo Tempo Fair Play da parte delle società. Nel corso del Terzo Tempo “FAIR PLAY”, le società e le famiglie mettono a disposizione dei/delle partecipanti una merenda da condividere tra loro, allargando naturalmente l’invito anche a tecnici, dirigenti e genitori delle squadre coinvolte in occasione dell’incontro. In questo modo il Settore Giovanile e Scolastico intende diffondere i valori della sana competizione sportiva”.
L’introduzione del terzo tempo nel calcio è stata molto criticata poiché i comportamenti poco nobili che lo contraddistinguono, poco si addicono ad una tradizione di fair play come quella del rugby. Penso invece che i giovani calciatori non devono pagare ancora una volta le spese del calcio adulto e per questo motivo se il calcio non sa insegnare a sé stesso, deve imparare da chi ha più radicate tradizioni positive. Lo ricordo ai presidenti delle scuole calcio, ai dirigenti ed ai genitori che spesso dimenticano e ancora più spesso non sanno neanche dell’esistenza del terzo tempo. Non è un furto del calcio, è invece un segno di riflessione dello sport primo per popolarità, che prende in prestito da chi ne sa di più. Gran parte del mio lavoro consiste nel fornire strumenti psicologici a chi ruota intorno ai giovani calciatori per far si che la loro esperienza sportiva possa essere la migliore possibile e se questo può essere un ulteriore strumento per mandare un messaggio positivo, allora dobbiamo promuoverlo. Credo che il calcio adulto come è oggi, non sappia sostenere il terzo tempo, i bambini invece possono farlo e in un percorso, purtroppo al contrario, possono essere da esempio per i più grandi. Spesso si dimentica che il vero cambiamento del calcio può avvenire solo a partire dalle sue radici: le scuole calcio.
(di Daniela Sepio)
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