Tifare contro se stessi distrugge la concentrazione e la prestazione

Durante una partita di tennis è molto facile vedere e sentire uno dei due avversari che comincia a parlare contro se stesso e a mostrare comportamenti (scuotere sconsolato la testa o agitare la racchetta come fosse un bastone) che denotano la presenza di una condizione emotiva negativa, esasperata e che danneggia la concentrazione sul gioco successivo. Queste scenette avvengono più raramente fra giocatori professionisti proprio perché sono stati allenati a gestire con efficacia i momenti di stress agonistico. Sono invece frequenti fra i giovani e soprattutto sono molto diffuse tra quei tennisti magari anche dotati tecnicamente ma che non hanno capito che giocare un match non è solo una questione di forza fisica e di tecnica.

Per giocare bene a tennis, quale che sia il proprio livello, bisogna volere e sapere ragionare e questo diventa molto difficile se dominano stati d’animo di rabbia o di svalutazione di se stessi. Altrimenti non si sa dove dirigere l’attenzione. Tutti vogliono vincere, consista il premio in centinaia di migliaia di euro o in un aperitivo al circolo, e nel momento in cui s’inizia il primo scambio la tensione emotiva comincia a crescere e se non si agisce per controllarla, già al primo 15-0 per l’avversario si avrà l’occasione di iniziare a tormentarsi, distraendosi dal gioco. Il tennis mette a dura prova le convinzioni di ognuno: non si può pareggiare come nel calcio, non si può scaricare la responsabilità sui compagni di squadra, non si può incolpare il destino, sono infatti troppi i colpi che bisogna mandare fuori per perdere una partita. Bisogna accollarsi la responsabilità di come si sta giocando e ragionare per fare qualcosa di diverso sin dai primi momenti di caduta dell’attenzione.

La questione è, quindi, fare qualcosa diverso, facile a dirsi quando si guarda qualcun altro giocare ma più difficile quando si deve applicare questa semplice regola a se stessi. Questo atteggiamento positivo lo si costruisce innanzitutto diventando il principale tifoso di sé e non il principale denigratore. Il tennista dopo un errore deve fare sempre due cose per ritornare a essere focalizzato sul gioco: incoraggiarsi + darsi una semplice istruzione tecnica che permetta di evitare di ripetere l’errore precedente. Solo in tal modo sarà concentrato sul gioco. La partita è come una battaglia, in cui per sopraffare il nemico bisogna avere fiducia nelle indicazioni ricevute dal proprio comandante, che in questo caso siamo noi stessi. Certamente ci possono essere eccezioni a questo modo di agire ma proprio perché tali devono essere rare. Quindi incoraggiarsi è necessario per mantenere un livello elevato di concentrazione e di controllo delle emozioni mentre l’istruzione tecnica serve a indicare al tennista cosa/come fare per spendere in modo efficace questa energia mentale.

Se in campo non si dimostra un atteggiamento di questo tipo, la mente del tennista sarà come una barca a vela senza il timoniere, preda cioè del gioco dell’avversario. AI tennisti suggerisco di stabilire a priori una checklist di cose da fare e a cui prestare attenzione quando si trovano in difficoltà:

  1. Cosa fare quando la prima di servizio non entra.
  2. Cosa fare quando voglio concludere troppo in fretta il gioco.
  3. Cosa fare per ridurre la mia rabbia o delusione di quel momento.

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