Abbas Karimi è uno dei sei atleti della squadra dei rifugiati presente a Tokyo. Karimi ha 24 anni, è nato senza braccia, afgano ed è un nuotatore. Nel 2013 è scappato con suo fratello in Turchia, passando per l’Iran. Il suo sogno era di diventare un campione paralimpico.
Tramite Facebook riuscì a trovare un allenatore di football in Oregon, Mike Ives, che lo aiutò a andare negli Stati Uniti con lo status di rifugiato e a vivere con lui. Trovò una squadra di nuoto e così inizia ad allenarsi. Nel 2017 vinse l’argento ai campionati mondiali paralimpici di nuoto, nei 50m farfalla. Da quel momento non ha più smesso di allenarsi e durante la pandemia si è traferito in Florida per allenarsi in una piscina all’aperto con un altro allenatore da cui è andato anche a vivere.
Di lui il suo nuovo allenatore dice: “Potrei vederlo come un supereroe, una specie di misto tra Aquaman, Superman e Spider-Man, con tutte le sue abilità”.
Uno dei suoi migliori amici gli ha suggerito che quando i suoi pensieri gli ricordano quanto sta succedendo in Afghanistan:”Hai lavorato duramente per tutto il tempo che ti conosco, e ci sono così tante cose che accadono in Afghanistan, mantieni la tua mente chiara e concentrata sul tuo approccio”.
La sua storia è una storia pazzesca, una delle tante che s’incontrano alle Paralimpiadi.
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