Leggendo del ritorno di Tom Brady nell’agone del football viene da chiedersi come sia possibile che un Campione di oltre quaranta anni pensi realmente di poter continuare a mantenere questo standard elevato. La maggior ha già smesso da molti anni ma lui vuole continuare. Dobbiamo accettare questa scelta di vita, esistenziale, senza mettergli addosso delle etichette come highlander, narcisista e così via. Ognuno è molto di più di quello che appare in pubblico e probabilmente Tom Brady soddisfa suoi bisogni profondi che non sonore noi facili da comprendere ma che per lui esistono.
Il concetto da sviluppare è che non esiste la persona a un’unica dimensione, in questo il Campione ma la persona con le caratteristiche del campione o che gareggia da campione. Questa idea è analoga al concetto di disabilità, non si dice “è un disabile” ma è “una persona con disabilità, un bambino con la syndrome Down”.
Lo stesso ripete Amartya Sen quando spiega “non sono mai esistiti uomini e donne che potessero essere ricondotti a un’unica appartenenza culturale, politica o religiosa, «la stessa persona può essere, senza la minima contraddizione, di cittadinanza americana, di origine caraibica, con ascendenze africane, cristiana, progressista, donna, vegetariana, maratoneta, storica, insegnante, romanziera, femminista, eterosessuale, sostenitrice dei diritti dei gay e delle lesbiche, amante del teatro, militante ambientalista, appassionata di tennis».
Il concetto esistenziale è che ognuno vale più dell’attività con cui viene abitualmente identificato e che il riconoscimento di questo status dovrebbe fornire una visione complessa e articolata dell’atleta stesso nei suoi confronti.
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