La nostra vita quotidiana è piena di episodi in cui le nostre prestazioni sono influenzate dagli stati d’animo e dalle emozioni che proviamo in quei momenti. Non sempre l’umore con cui si affrontano prove impegnative è di aiuto nel favorire prestazioni soddisfacenti, talvolta ci si può sentire troppo arrabbiati per stare ad ascoltare qualcuno le cui idee potrebbero essere utili per noi, oppure si è pessimisti sulla possibilità di essere in grado di fare bene o ancora si ritiene di non essere capaci per cui si affronta un determinato compito in modo poco convinto. Quante volte si pensa: “Se non mi fossi sentito in quel modo, avrei fatto sicuramente meglio.” Sono pensieri comuni che mettono in evidenza il ruolo centrale delle emozioni.
Lo stesso avviene sul campo di gioco e … racchette sbattute per terra, darsi addosso, pensare che non si giocherà mai più una partita, arrabbiature contro l’avversario che perde tempo o contro il destino che fa andare fuori solo le nostre risposte sono modi di reagire in cui tutti siamo inciampati.
Un modo utile per migliorare la propria consapevolezza in relazione all’influenza delle emozioni nel gioco del tennis consiste nel ripensare:
- alle partite migliori che si è giocato, focalizzandosi sulle azioni effettuate per renderle possibili e sulle emozioni provate. In tal modo si diventa più consapevoli del proprio modo di pensare e di sentire e di come questo influenza il nostro modo di giocare.
- ai primi game delle partite, identificando quali sono stati gli stati d’animo e i pensieri prevalenti. Sono contento oppure vorrei essere diverso? Quali sono le emozioni e i pensieri che potrebbero migliorare l’efficacia del mio gioco all’inizio della partita?
Sono, invece, da evitare le spiegazioni pessimiste che portano a non cambiare e a accettare il proprio gioco in modo fatalistico, dando per scontato un pensiero del tipo: “Io ho sempre fatto questi errori e non sono mai riuscito a cambiare” oppure “Sono sempre stato un tipo nervoso, che si arrabbia facilmente appena comincia a sbagliare e non posso mica cambiare adesso dopo una vita passata a giocare così.”
Potrebbe anche essere vero che si è provato a cambiare senza avere ottenuto un risultato soddisfacente, convincendosi di conseguenza che non sia possibile migliorarsi. Nella quasi totalità dei casi queste prove di cambiamento sono state però fatte in modo sbagliato, senza seguire un sistema di miglioramento. Spesso le persone provano a cambiare un comportamento (ad esempio: arrabbiarsi dopo un errore) dicendo a se stesse di non farlo (“Non ti devi arrabbiare”). Di solito l’effetto di questa azione è di continuare a sentirsi arrabbiati. Tutti hanno sentito dire dal maestro di tennis che per calmarsi e recuperare si deve fare un bel respiro profondo; si segue questo consiglio ma spesso non funziona e, quindi, ci si convince che respirare profondamente non serve a nulla.
Dove hanno sbagliato questi tennisti, che pure hanno provato a reagire alle difficoltà?
Il primo caso evidenzia che non si cambia semplicemente dicendosi di “non fare una cosa”, altrimenti i nostri cambiamenti si attuerebbero a colpi di frasi: sei arrabbiato, basta dire “non essere arrabbiato”, sei agitato dì che non vuoi essere agitato, sei distratto dì che non vuoi esserlo e così via. Dirsi delle frasi non serve a nulla se non si incide nello stesso tempo anche sulle emozioni.
Il secondo caso è molto tipico nello sport, perché anche molti atleti non sanno eseguire correttamente un respiro profondo, e quando provano a farlo inspirano poca aria, magari la prendono a scatti e la mandano fuori troppo velocemente, in questo modo il loro respiro somiglia di più a un sospiro o a uno sbuffo. Per questa ragione non risulta efficace. Al contrario, tutti possono imparare a fare un respiro profondo, però prima bisogna esercitarsi a farlo in modo corretto, la sua efficacia va sperimentata in allenamento e solo in seguito andrà eseguito in partita; a quel punto non c’è nessun dubbio che sarà utile a ridurre la tensione emotiva.
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