Lo sport è così, un’attività che regala continuamente emozioni, agli atleti e a noi che lavoriamo con loro. Per anni ho condiviso le esperienze e le vite di chi andava in cerca di una medaglia olimpica o di una vittoria al campionato del mondo. Questi ragazzi e ragazze vivevano sulla loro pelle stati d’animo incredibili, abissi di paura e di gioia, ma anche noi che gli stavamo accanto non eravamo di meno a tasso di emotività. Abbiamo condiviso con loro la felicità e le delusioni. Con l’età non mi restano indifferenti neanche le reazioni degli splendidi e splendide atleti/e del nuoto di cui leggo in questi giorni, la disperazione della Quadarella e l’entusiasmo di chi ha vinto il mondiale con record del mondo. Lo sport è un’attività altamente emotiva che tocca punta estreme proprio con gli atleti più preparati e più vincenti.
Questa è una delle ragioni che rende unico lo sport, abbiamo di vivere emozioni per sentirci vivi e gli atleti e le atlete ci regalano questa possibilità ogni volta che gareggiano. Dobbiamo essere grati a questi giovani che ce le regalano.
In questi ultimi anni, mi sono molto dedicato agli atleti più giovani, quelli che viaggiano tra 13 e 20 anni. Molti di loro vincono e perdono a livello giovanile e ho scoperto che le emozioni che provo sono le stesse. Le loro emozioni sono le stesse di quelle dei grandi e così anche le nostre. Non va mai dimenticato che questo è un lavoro che richiede oltre che la competenza quella degli atleti e delle atlete anche, e soprattutto la passione. E allora il cuore va controllato durante le gare ma subito dopo deve potersi esprimersi liberamente.
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