In questi anni c’è stata una diffusione molto ampia del lavoro dello psicologo dello sport nell’attività giovanile. Negli anni dell’avviamento allo sport dai 6 ai 12 anni il lavoro è essenzialmente orientato a migliorare la professionalità degli istruttori e a lavorare su specifiche problematicità che possono sorgere con i bambini e con le loro famiglie. Nelle età della adolescenza, a partire dai 13 anni l’attività dello psicologo si amplia ulteriormente, orientandosi direttamente su un lavoro individuale con i giovani. Questo fenomeno riguarda quelle società sportive più consapevoli di altre degli aspetti mentali dell’allenamento e delle competizioni e che vogliono servirsi del nostro lavoro per migliorare la partecipazione dei loro atleti e delle atlete.
E’ un lavoro che con una presenza durante gli allenamenti faccio nel tennis, tennis tavolo e nel tiro a volo a cui si aggiunge un appuntamento settimanale online. Il lavoro in remoto è ormai quello più diffuso con giovani che vivono in diverse parti d’Italia e che vogliono servirsi della mia consulenza e riguarda diversi sport individuali e in special modo quelli di opposizione come la scherma e gli sport di combattimento.
Per quanto mi riguarda questo lavoro è centrato sull’educazione mentale dei giovani in relazione all’allenamento e alle gare.
Gli obiettivi sono diversificati e riguardano:
- capire come s’impara un’abilità motoria, tecnico-tattica e mentale
- capire qual è l’atteggiamento migliore per allenarsi e partecipare alle gare
- sapere che la tecnica e la forma fisica sono fondamentali ma senza guida mentale non si migliora
- allenarsi con la convinzione che s’impara solo sbagliando
- accettare gli errori
- essere corretti con i compagni e gli avversari
- sapere che il dialogo con se stessi deve essere costruttivo, altrimenti è dannoso
- essere consapevoli di cosa s’impara o si è migliorati in ogni allenamento e gara
- domandare quando non si è capito
- sapere che diventare un atleta esperto è un progetto a lungo termine
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