Gli allenatori vengono esonerati sulla base di risultati deludenti ma non sempre c’è una risposta univoca per identificare le ragioni che hanno determinato le prestazioni negative di una squadra, che in questo caso corrisponde al Napoli. Nelle aziende è risaputo che le performance migliori sono prodotte da individui e team che sono motivati e ben pagati. Nelle squadre professionistiche la dimensione economica non rappresenta un problema invalicabile mentre la carenza di motivazione rappresenta un problema grave.
La motivazione mostrata in campo dalla squadra è la rappresentazione del rapporto allenatore-calciatore positivo o negativo. Vi sono dei modi per favorirla che ogni allenatore dovrebbe conoscere, fra questi: favorire la partecipazione, ascoltando le indicazioni dei giocatori, premiare i comportamenti altruistici e di collaborazione, attribuire a ognuno obiettivi sfidanti e raggiungibili, richiedere e favorire l’impegno massimo e rinforzarlo costantemente, sostenere sempre la squadra quando è in difficoltà pur impegnandosi al massimo, spendere del tempo per valutare con i giocatori l’impegno dato in allenamento e partita.
Se questo approccio non viene seguito è facile che i calciatori comincino a non giocare come sanno, riducendo il loro impegno. I grandi obiettivi vengono perseguiti solo in un ambiente in cui la collaborazione in campo è coltivata come un bene prezioso. quando alcuni giocatori significativi si sentono esclusi dall’allenatore di solito tutto il sistema si ribella, ancor più quando si viene da una stagione prodigiosa come quella passata. L’allenatore è il capo assoluto della squadra ma non può imporre le sue idee servendosi del meccanismo di esclusione di alcuni giocatori.
La nazionale femminile di pallavolo è un altro recente esempio di questo approccio. Non si ottiene coesione e tantomeno vittorie ridimensionando il ruolo dei giocatori più importanti. Questa formula, di affermazione a qualsiasi costo della propria mentalità, è un esempio perdente di leadership.
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