Ragioni per cui gli allenatori non scelgono di lavorare con gli psicologi

Molti allenatori tendono a vedersi come i principali responsabili del benessere mentale dei loro atleti, piuttosto che affidarsi a psicologi dello sport, per una serie di ragioni legate a cultura, formazione, percezione del ruolo dell’allenatore e alla dinamica stessa dello sport. Ecco alcune spiegazioni principali per questo fenomeno:

1. Ruolo tradizionale dell’allenatore come guida globale

  • Visione olistica: Storicamente, l’allenatore è stato visto come la figura centrale responsabile di tutti gli aspetti della performance degli atleti, sia fisici che mentali. Molti allenatori hanno interiorizzato questa responsabilità globale, vedendo il benessere mentale degli atleti come parte della loro gestione e controllo, accanto alla preparazione fisica e tattica.
  • Relazione personale e di fiducia: L’allenatore spesso costruisce una relazione stretta e di fiducia con l’atleta. Gli atleti si rivolgono all’allenatore non solo per consigli tecnici, ma anche per supporto emotivo e psicologico. Questo può portare gli allenatori a sentirsi i principali responsabili anche del benessere mentale, poiché conoscono gli atleti a un livello personale e si sentono in grado di supportarli a 360 gradi.

2. Carenza di formazione specifica in psicologia dello sport

  • Formazione limitata: Molti allenatori non hanno una formazione approfondita in psicologia dello sport. Tuttavia, potrebbero aver ricevuto corsi base o informazioni sui principi generali di motivazione, leadership e gestione dello stress, elementi che li fanno sentire preparati a gestire anche gli aspetti psicologici.
  • Non riconoscimento dell’importanza della psicologia: In molti programmi di formazione per allenatori, l’accento è posto su tecniche e tattiche sportive, con meno attenzione alla psicologia. Questo porta alcuni allenatori a sottovalutare l’importanza dell’intervento di esperti specifici in psicologia, poiché ritengono che ciò che sanno sia sufficiente.

3. Paura di perdere il controllo

  • Desiderio di mantenere il controllo completo: Alcuni allenatori potrebbero temere di perdere parte del controllo sulla squadra se introducono uno psicologo. La gestione mentale degli atleti è vista come parte integrante del loro approccio complessivo alla leadership, e delegare questa responsabilità potrebbe sembrare una riduzione del loro ruolo.
  • Difficoltà di collaborazione: Non tutti gli allenatori sono pronti a lavorare in team con altri esperti (come uno psicologo dello sport), in quanto ciò richiede una stretta collaborazione e una divisione di responsabilità che può entrare in conflitto con la loro visione del lavoro. Alcuni allenatori preferiscono gestire direttamente tutti gli aspetti per evitare possibili incomprensioni o interferenze esterne.

4. Stigma e diffidenza verso la psicologia

  • Stigma culturale verso la psicologia: In molti ambienti sportivi, soprattutto quelli più tradizionalisti, la psicologia è ancora vista con sospetto. La mentalità comune è che la “forza mentale” sia qualcosa che si sviluppa naturalmente attraverso l’esperienza e la determinazione, non attraverso un supporto professionale. L’idea che gli atleti debbano cercare aiuto psicologico potrebbe essere percepita come un segno di debolezza, e quindi alcuni allenatori preferiscono evitare di introdurre psicologi per non esporre i loro atleti a questa percezione negativa.
  • Riduzione della “prestazione mentale” a motivazione: Molti allenatori considerano l’aspetto psicologico semplicemente come una questione di motivazione, determinazione e concentrazione, che ritengono di poter gestire attraverso discorsi motivazionali o il rafforzamento dell’autostima degli atleti, piuttosto che come un’area complessa che richiede un supporto professionale.

5. Esperienza personale e approcci consolidati

  • Esperienza diretta degli allenatori: Molti allenatori sono stati ex atleti, e durante le loro carriere potrebbero non aver avuto accesso a supporto psicologico professionale. Di conseguenza, basano la loro gestione mentale degli atleti sulle loro esperienze personali e sulle strategie che hanno funzionato per loro, piuttosto che su pratiche psicologiche scientificamente valide.
  • Risultati passati: Se un allenatore ha ottenuto buoni risultati gestendo autonomamente anche l’aspetto mentale degli atleti, potrebbe non vedere la necessità di cambiare il suo approccio. Se la sua esperienza conferma che riesce a motivare e supportare gli atleti, sarà meno incline a cercare aiuto esterno.

6. Pressione sui risultati immediati

  • Focus sui risultati a breve termine: Gli allenatori sono spesso sotto forte pressione per ottenere risultati immediati, specialmente nelle competizioni di alto livello. In questo contesto, potrebbero percepire il coinvolgimento di uno psicologo come un processo che richiede tempo per dare frutti, mentre loro sono costretti a cercare soluzioni rapide e visibili per migliorare la prestazione degli atleti.
  • Percezione della psicologia come non essenziale: In un contesto in cui i risultati rapidi sono fondamentali, la psicologia può essere vista come un elemento “extra” piuttosto che come un fattore essenziale per il successo a breve termine. Gli allenatori potrebbero quindi concentrarsi su aspetti più tangibili, come la tattica e la condizione fisica.

7. Conflitto tra approccio autoritario e approccio psicologico

  • Modelli di leadership tradizionali: Molti allenatori adottano un approccio autoritario nella gestione della squadra, dove controllano rigorosamente ogni aspetto della prestazione dell’atleta. La psicologia, con il suo focus sull’ascolto, la comprensione delle emozioni e il coinvolgimento dell’atleta nei processi decisionali, può entrare in conflitto con questo modello di leadership. Gli allenatori che seguono uno stile più direttivo possono vedere l’introduzione di uno psicologo come una minaccia alla loro autorità.

8. Differenze percepite tra preparazione fisica e mentale

  • Maggior evidenza della preparazione fisica: La preparazione fisica è visibile, misurabile e strettamente collegata ai risultati di prestazione sportiva. La preparazione mentale, invece, è più difficile da quantificare e spesso si manifesta in modo meno evidente. Questo rende più semplice per gli allenatori delegare la preparazione fisica a un esperto, ma sentirsi competenti a gestire gli aspetti mentali in prima persona.
  • Confusione sui confini tra ruoli: Non sempre è chiaro dove finisca la responsabilità dell’allenatore e inizi quella dello psicologo. Mentre l’aspetto fisico ha confini definiti, come forza, resistenza e tecnica, la psicologia dello sport copre aree che spesso si sovrappongono con la leadership e la motivazione, aspetti che molti allenatori ritengono essere parte integrante del loro ruolo.

Conclusione

In sintesi, molti allenatori si vedono come i principali responsabili del benessere mentale degli atleti a causa di una combinazione di tradizione, formazione limitata, desiderio di controllo, pregiudizi culturali e percezione della psicologia come un’area meno tangibile e immediatamente efficace rispetto alla preparazione fisica. Tuttavia, con il crescente riconoscimento del ruolo della psicologia nello sport, è probabile che nel tempo si crei una maggiore collaborazione tra allenatori e psicologi sportivi.

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