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ISSP Master Class Series – Lecture #4
Chinese Calligraphy Practice as a Mental Training Method:
A Science-to-Practice Approach
Date: Tuesday, November 16th, 2023
Speakers: Prof. Liwei Zhang and Ms. Xin Yue
Length of Session: 90 minutes (60-minute lecture, 30-minute Q&A)
Language: Chinese (Live multilingual captioning available)
Time: 12:00 UTC (New York 7:00, Bangkok 19:00; Beijing 20:00, Kuala Lampur 20:00, Taipei, 20:00, Seoul 21:00)
Where: Zoom (Link sent upon registration)
Program Overview
Many empirical studies have shown that traditional mental skills training (e.g., relaxation exercises, imagery exercises, simulation exercises, attention-focusing exercises, biofeedback exercises, goal-setting exercises, etc.) can effectively improve athletes’ mental skills and sports performance. Chinese calligraphy practice can not only strengthen athletes’ mental skills, but also improve athletes’ spirituality, which is a new method of mental training that combines both arts and Taoism. In this presentation, Prof. Zhang Liwei of Beijing Sport University, who has worked with the Team China in preparation for the Summer and Winter Olympics since 2000, will introduce the characteristics of Chinese calligraphy practice and discuss how it can be used to help athletes conduct mental training through the practice of calligraphy and to achieve practical results in international competitions including Olympics through three cases. Yue Xin, a doctoral candidate at Beijing Sport University, will report on seven experimental studies conducted by Prof. Zhang’s team, presenting findings that calligraphy practice enhances manual stability, promotes self-control, and improves self-efficacy. Some of the findings supported the facilitating effect of calligraphy practice, while some failed to find the positive effect. Overall, Chinese calligraphy practice is a very promising way of mental training due to its Chinese cultural characteristics and the role of both art and Taoism.
About the Speakers
Zhang Liwei, Doctor of Education (Physical Education and Training) from Beijing Sport University, Doctor of Philosophy (Psychology) from The Chinese University of Hong Kong, Professor of School of Psychology, Beijing Sport University. Since 2000, he has been providing psychological training to Chinese athletes, including windsurfing team, trampoline team, tennis team, track and field team, rhythmic gymnastics team, short-track speed skating team, and freestyle skiing aerial team in preparation for competing in the Summer and Winter Olympics. He has participated in the Calgary Winter Olympics, Beijing Olympics, Rio Olympics, PyeongChang Winter Olympics, Tokyo Olympics, and Beijing Winter Olympics. He is currently the head of the Psychology Expert Group for Team China’s preparation for the Paris Olympics. His research interests are self-control and mental fatigue in athletes.
Yue Xin is a doctoral candidate in applied psychology program at Beijing Sport University. She has been assisting Prof. Zhang Liwei in psychological service support for Chinese athletes since 2020, and is mainly responsible for psychological counseling, psychological training and psychological assessment for the rhythmic gymnastics and windsurfing teams. Her research interests are self-control and calligraphic psychological interventions for athletes.
Program Format
Attendees can participate in an ISSP Master Class session right from their office or home. Upon registration, registrants will be provided the Zoom link to access the presentation on the web in real-time. If you are unable to watch the session live, a recording will be provided afterward to all registrants.
Il tema dell’ansia e depressione di molti giovani è ovviamente drammatico e mi sembra si tenda a risolvere la questione tramite il bonus per la psicoterapia e l’introduzione dello psicologo a scuola. A questo quadro manca comunque la considerazione di un tassello importante: la formazione psicologica degli insegnanti. Direi anzi degli adulti che lavorano con i giovani. Questo allargamento riguarda quindi anche i genitori e gli allenatori. Non conosco quale sia la preparazione psicologica e pedagogica degli insegnanti della scuola, conosco invece molto bene quella degli allenatori e sono convinto che con poco si potrebbe fare molto di più per migliorare le loro competenze.
Quando dico questo ai dirigenti delle società sportive, di solito mi spiegano che non immagino quanti problemi da risolvere debbano quotidianamente affrontare e che anche volendo non potrebbero permettersi ulteriori spese. Purtroppo è la stessa risposta che mi danno da 30 anni e riflette la loro idea di sport: allenamento, gare e pagare tutti poco. Mi ricordo quando con Barbara Benedetti, segretario del settore giovanile e scolastico della FICG, ormai 20 anni fa riuscimmo a fare diventare obbligatoria la figura dello psicologo all’interno delle scuole calcio. Vi era scritto nel documento che andava alle società che lo psicologo doveva fare cinque incontri all’anno con genitori e allenatori. Le prime volte che qualche psicologo cominciò a proporsi per questo ruolo nelle società al posto del compenso gli veniva detto che avrebbe ricevuto la divisa della società e sarebbe stato invitato alla cena di Natale. Ovviamente, di fronte al rifiuto di questo scambio, si arrivava a definire il pagamento di questa consulenza. In quel periodo stilai anche una lista di attività che, oltre a queste riunioni, prevedeva altre azioni da svolgere in quell’ambito specificandone il rispettivo compenso. Le davo ai colleghi perchè potessero muoversi in quell’ambiente in modo più professionale. A molte società ho anche proposto di aumentare il costo dell’iscrizione di 10 euro all’anno, la differenza che si otteneva poteva essere il costo dello psicologo. Non volevo mi si dicesse non possiamo farlo per problemi economici.
Questo racconto serve a fare capire che l’ambiente sportivo, e m’immagino anche quello scolastico, è un luogo dove i cambiamenti, le innovazioni sono viste come minacciose. Oggi che molti allenatori sono laureati in scienze motorie la situazione di base è migliorata perchè hanno studiato psicologia all’università ma ancora non svolgono tirocini su come s’insegna nelle varie fasce di età, e non vi sono corsi federali che abbiamo questo specifico orientamento applicativo. Inoltre, il lavoro di allenatore è in larga parte sottopagato e, quindi, allontana molti dal volersi ulteriormente formare mentre è usato da altri per giustificare le loro carenze e il loro procedere in funzione delle loro idee, senza mai verificarle.
Su questa base è difficile che i giovani che mostrano difficoltà psicologiche trovino in questi adulti un supporto psicologico adeguato. Molti genitori a loro volta tendono a demandare alla scuola e allo sport la totale formazione psicologica dei loro figli nascondendosi dietro la retorica del “mica si studia per fare i genitori”.
Su queste basi e sulla schiavitù indotta dall’uso dei social è difficile che i giovani che manifestano problemi psicologici possano trovare soluzioni. Più facile fare passare il loro disagio per malattia così se ne occuperanno gli esperti e gli altri adulti che interagiscono con loro tireranno finalmente un respiro di sollievo.
Spesso sento ripetere che l’allenamento mentale è utile solo agli atleti/squadre che sono di alto livello, per il motivo che vivono situazioni di stress agonistico così intense per cui devono incrementare le loro abilità psicologiche. Mentre, invece, sarebbe poco utile per gli atleti/squadre di livello inferiore poiché questi devono lavorare ancora molto per migliorare le loro competenze tecnico sportive.
Personalmente, sono convinto che superata la prima fase di apprendimento di una disciplina e non si è più un principiante, l’allenamento mentale diventa altrettanto necessario rispetto a quello tecnico. Ciò per un dato di fatto incontestabile: chi sa concentrarsi in modo più efficace, fornisce prestazioni che sono coerenti con il proprio livello tecnico quale esso sia.
Infatti la ripetizione mentale del gesto sportivo prima della sua esecuzione reale mette l’individuo nella condizione di “pronti” e l’immediata esecuzione lo trova già concentrato sulla prestazione. Inoltre, la ripetizione mentale è anche utile al termine di un’azione, soprattutto nell’eventualità che questa sia stata molto efficace.
In questo caso il ripercorrere mentalmente ciò che si è appena fatto permette di memorizzare ulteriormente il gesto, proprio come se lo si stesse facendo un’altra volta. Inoltre, un’altra componente mentale che va allenata è il dialogo con se stessi, ovvero le parole che ci diciamo durante l’attività.
Imparare a essere positivi e affermativi è un aspetto psicologico estremamente importante anche se non si diventerà dei campioni. Infine svolgere un riscaldamento non solo fisico ma anche mentale è nella maggior parte degli sport essenziale per iniziare in modo soddisfacente. Queste sono alcune ragioni per cui l’allenamento mentale è utile.
Quando il leader di un team non ascolta e cerca di imporsi in modo autoritario, ciò può avere diverse conseguenze sul team e sul suo funzionamento. Ecco alcune delle possibili reazioni da parte del team:
- Frustrazione - I membri del team potrebbero sentirsi frustrati e ignorati quando il loro leader non ascolta le loro opinioni o le loro idee. Questo può portare a un clima di tensione all’interno del team.
- Mancanza di impegno - Se i membri del team sentono che le loro voci non contano e che il leader prende tutte le decisioni in modo unilaterale, potrebbero perdere la motivazione e impegnarsi meno nel lavoro.
- Disconnessione - La mancanza di ascolto da parte del leader può portare i membri del team a sentirsi disconnessi e distanti dal processo decisionale. Questo può danneggiare la coesione del team.
- Diminuzione della creatività e dell’innovazione - Quando il leader cerca di imporsi e non permette la libera espressione delle idee, il team potrebbe smettere di proporre soluzioni creative o innovative ai problemi.
- Attrito e conflitti - La mancanza di ascolto da parte del leader può portare a conflitti all’interno del team, poiché i membri potrebbero iniziare a dissentire apertamente dalle decisioni del leader o a litigare tra loro.
- Riduzione valori - Una leadership autoritaria può contribuire a una riduzione dei valori all’interno del team. I membri del team potrebbero sentirsi demotivati e insoddisfatti del loro lavoro.
- Rottura del team - In alcuni casi, se il comportamento autoritario del leader persiste senza miglioramenti, potrebbe verificarsi una rottura nel team, con alcuni membri che scelgono di abbandonare o cercare opportunità altrove.
- Perdita di fiducia - Quando il leader non ascolta e cerca di imporsi in modo autoritario, i membri del team potrebbero perdere la fiducia nel loro leader. La fiducia è un elemento fondamentale per il buon funzionamento di un team, e una perdita di fiducia può danneggiare gravemente il rapporto tra il leader e i suoi subordinati
- Ridotta collaborazione - Un leader che non ascolta può scoraggiare la collaborazione tra i membri del team. Se i membri del team vedono che il loro leader non è disposto a considerare le loro opinioni, potrebbero essere meno inclini a lavorare insieme e a condividere informazioni importanti
- Difficoltà nel reclutare e trattenere talenti - Un leader che non ascolta e si impone può avere difficoltà nel reclutare e trattenere talenti di alto livello. I professionisti di talento spesso cercano un ambiente di lavoro in cui le loro idee e il loro contributo siano apprezzati, e un leader autoritario potrebbe respingerli.
Queste conseguenze sottolineano l’importanza di una leadership empatica, collaborativa e aperta all’ascolto per promuovere un ambiente di lavoro sano e produttivo.
Avete mai pensato che l’essere umano è una persona dominata dalle sue emozioni, che in qualche modo tenta di servirsene per produrre pensieri logici e imparare, che determinano azioni dirette a uno scopo.
Una prova di questa impostazione la troviamo ben espressa dalla frase: “Vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto”.
A nessuno importa quanto sia oggettivamente pieno il bicchiere, poiché in quel caso di direbbe: “Il bicchiere contiene il 50% di acqua permesso dalle sue dimensioni”.
Noi invece diciamo che è “mezzo pieno o mezzo vuoto”. Quindi il 50% di acqua viene valutato diversamente a seconda se si vuole dare una sfumatura emotiva positiva o negativa, ottimista o pessimista.
Gli psicologi hanno scoperto che ogni pensiero e azione sono sempre caratterizzati da uno sfondo emotivo piacevole o spiacevole che ci accompagna senza sosta.
Capite bene, quindi, il valore dell’impegno quotidiano nel comprendere le altre persone, capire il punto di vista dell’altro consapevoli anche delle nostre idee. Non si dovrebbe imporre nulla. Chi fa solo per dovere non sarà mai soddisfatto e non darà valore alle sue azioni, per il semplice fatto che non sono le sue ma quelle richieste da qualcun altro.
I leader, allenatori, insegnanti, manager, devono ispirare ottimismo, insegnare vedere il bicchiere mezzo pieno e impegnarsi a riempirlo sempre di più.
Luca Banchi, coach di basket, ha portato la Lettonia al quinto posto del campionato del mondo e ora da poco allena la Virtus e sta ottenendo grandi risultati.
La chiave del suo successo la si evince da questa frase che esprime un concetto fondamentale della leadership di un coach: “Ho viaggiato in Lettonia, ci siamo incontrati nella mia stanza e ho ordinato la consegna del pasto. Ho parlato con giocatori, allenatori e dirigenti, in generale chiunque potesse aiutarmi a entrare nella loro mentalità, capire la loro visione e le loro esigenze”.
Direi l’opposto di quello che hanno fatto l’allenatore della nazionale femminile di pallavolo, Davide Mazzanti e il nuovo allenatore del Napoli, Rudi Garcia. Loro seguono il principio che sono gli altri, le giocatrici e i calciatori, a doversi adeguare alle loro idee, con l’esclusione di chi non accetta questo sistema.
Per allenare bisogna capire gli altri e fare capire che si è consapevoli delle motivazioni di ognuno. Dopo di che bisogna sostenerle e rendere i giocatori partecipi dei risultati che si vogliono raggiungere. Su questa basi è più semplice fare accettare alla squadra allenamenti duri o diversi da quelli abituali, la scelta di alcuni giocatori rispetto ad altri.
Non si può partire da questa ultima fase e sperare di avere la squadra unita.
L’età del picco di prestazione è stata di 40-44 anni nelle donne e di 45-49 anni negli uomini quando sono stati analizzati tutti i finisher, mentre è stata di 30-34 anni nelle donne e di 35-39 anni negli uomini quando sono stati considerati i primi 10 finisher in gruppi di età di 5 anni. Analizzando i finisher in gruppi di età di 1 anno, l’età del picco prestazionale è risultata di 41 anni nelle donne e di 45 anni negli uomini considerando tutti i finisher, e di 39 anni nelle donne e di 41 anni negli uomini considerando i primi 10 finisher. In conclusione, l’età del picco prestazionale è risultata più giovane nelle donne rispetto agli uomini, il che potrebbe riflettere l’età complessivamente più giovane delle donne partecipanti rispetto agli uomini. Rispetto agli studi precedenti, abbiamo osservato il picco di prestazione a un’età superiore di ∼10 anni, il che potrebbe essere attribuito a un aumento dell’età dei finisher negli anni solari. Poiché la conoscenza dell’età del picco di prestazione è unica per ogni sport, gli allenatori e i preparatori atletici potrebbero trarre vantaggio dai risultati di questo studio nell’allenamento a lungo termine dei loro atleti.
Ricerche recenti suggeriscono che l’età del picco delle prestazioni nell’ultra maratona sembra aumentare all’aumentare della distanza della gara. Questo studio ha indagato l’età del picco delle prestazioni nell’ultra maratona per i runner che competevano in ultra maratone a tempo limitato, che andavano da 6 a 240 ore (cioè 10 giorni) durante il periodo 1975-2013.
Sno state analizzate età e prestazioni nella corsa in 20.238 (21%) donne e 76.888 (79%) uomini che hanno completato la gara (6.863 donne e 24.725 uomini, rispettivamente il 22% e il 78%). Il numero annuale di partecipanti è aumentato sia per le donne che per gli uomini in tutte le gare. Circa la metà dei partecipanti ha completato almeno una gara e l’altra metà ha completato più di una gara. La maggior parte delle prestazioni è stata raggiunta nel quarto decennio di vita.
L’età della migliore prestazione nell’ultra maratona cresce all’aumentare della durata della gara. L’età più bassa del picco delle prestazioni nell’ultra maratona è stata registrata nelle gare da 6 ore (33,7 anni) e la più alta nelle gare da 48 ore (46,8 anni). Con l’aumentare del numero di prestazioni, gli atleti miglioravano le loro prestazioni.