Archivio per la categoria 'Allenatori'
Pagina 9 di 206
La solitudine nell’età adulta segue un modello a forma di U: è più alta nei giovani e negli anziani, e più bassa durante l’età adulta media, riporta uno studio recente della Northwestern Medicine che ha esaminato nove studi longitudinali provenienti da tutto il mondo.
Lo studio ha identificato anche diversi fattori di rischio per un aumento della solitudine lungo tutto il corso della vita, tra cui l’isolamento sociale, il sesso, l’istruzione e l’impairment fisico.
“Quello che è sorprendente è quanto costante sia l’aumento della solitudine nell’età adulta più avanzata”, ha detto l’autrice corrispondente Eileen Graham, professore associato di scienze mediche sociali presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine. “C’è un’abbondanza di prove che la solitudine sia correlata a una salute peggiore, quindi volevamo capire meglio chi è solo e perché le persone stanno diventando più sole man mano che invecchiano oltre la mezza età, così da poter sperabilmente trovare modi per mitigarla”.
La mancanza di connessione può aumentare il rischio di morte prematura a livelli comparabili al fumo quotidiano, secondo l’ufficio del chirurgo generale degli Stati Uniti, che un anno fa ha chiesto azioni per affrontare l’epidemia di solitudine in America. Graham ha detto che i suoi risultati sottolineano la necessità di interventi mirati per ridurre le disparità sociali durante tutta l’età adulta al fine di ridurre i livelli di solitudine, specialmente tra gli anziani.
Forse un giorno i medici di base potrebbero valutare i livelli di solitudine durante le visite regolari per il benessere al fine di identificare coloro che potrebbero essere più a rischio, ha detto Graham.
Non si può diventare un adulto responsabile e autonomo o un atleta vincente se si deve sempre obbedire a qualcuno, fosse anche il capo o l’allenatore migliore.
Chi vive in questo modo diventa dipendente dalle scelte di altri, che gli dicono come fare. E’ una gabbia nella quale ci si è messi e anche se comoda perchè si può sempre attribuire agli altri i propri errori, limita lo sviluppo personale.
Bisogna impegnarsi, studiare, lavorare o gareggiare, per se stessi/e e non per soddisfare le ambizioni degli altri. Bisogna imparare a chiedere scusa solo quando non ci s’impegna al 100% e non per gli errori che si commettono.
Bisogna imparare che l’ansia è una dimostrazione dell’importanza che diamo a quello che stiamo per fare, quindi usiamo questa energia per fare del nostro meglio e non per spaventarci. Usiamo il respiro per ridurre le tensioni e recuperare, spostiamo l’energia nell’incoraggiarci sempre, mettiamoci un’idea in testa e andiamo.
Non sempre otterremo il risultato migliore, poiché tanti fattori possono interferire lungo questo percorso ma avremo sempre agito al nostro meglio, che è l’unica cosa che conta.
Qualsiasi atleta vorrebbe vincere ogni gara, ma non è possibile. Dobbiamo essere pazienti con noi stessi e darci il tempo di imparare dagli errori e dalle sconfitte, perchè sono loro a indicarci la strada da seguire per migliorare.
Volere imparare dagli errori è un desiderio positivo e necessario ma è anche veramente molto difficile da praticare. Un primo ostacolo è rappresentato dal mantenere questa motivazione in modo continuo durante la stagione agonistica.
Un secondo aspetto riguarda il mantenerla anche quando l’atleta si sente preparato e in forma e pretenderebbe di performare al meglio in virtù di questa condizione. Dimenticando che l’ambiente in cui svolge la gara, l’avversario e l’importanza delle competizioni sono altri fattori che influenzano come si gareggerà.
Un terzo aspetto, strettamente collegato a quello precedente, sta nella presunzione di pensare che giacché si è in forma sarà scontato che si commetteranno pochi errori e tutto andrà bene. Meravigliandosi se ciò non accade. Pensare di vincere anziché pensare a come fare per giocare al meglio è considerato essere un killer della prestazione.
Un quarto aspetto si riferisce alla componente emotiva suscitata dall’errore. L’atleta conosce le ragioni dell’errore e saprebbe come cambiare ma si lascia dominare dalla frustrazione dell’errore e da emozioni di rabbia o delusione o sensi colpa anziché incoraggiarsi. In questo modo, anche se pensa in modo corretto, lo stato d’animo negativo verso di sé gli impedisce di mettere in pratica in modo efficace la sua scelta.
L’allenamento mentale dovrà rivolgersi a insegnare al giovane a uscire da questi stati mentali negativi, stimolare forme costanti d’incoraggiamento e sviluppare un dialogo con se stesso positivo.
Una delle ragioni per cui gli atleti falliscono nell’impegnarsi al meglio a prescindere dal risultato è che non s’impegnano a esercitarsi mentalmente. Vuol dire che oltre agli esercizi che li mettono nella giusta condizione fisica non svolgono esercizi che possono aiutarli mentalmente. Per molti la prestazione mentale deve essere null’altro che la continuazione di quella, senza dedicarle alcuna attenzione.
Purtroppo, troppo spesso questa convinzione è molto radicata e gli atleti di fronte ai loro errori anziché reagire con più attenzione e decisione si sentono in colpa e si abbattono. Questo nell’era dei social è molto frequente e bisogna quindi allenare questi atleti a essere più consapevoli delle ragioni dei loro errori, che sono utilizzabili come opportunità per fare meglio. Questo non è facile ma l’atleta dovrebbe servirsi delle tecniche psicologiche per superare questi momenti difficili.
Questo tipo d’interpretazione differenzia gli atleti di successo dagli altri, chi non accetta e non impara dagli errori sarà costretto a non sviluppare completamente le sue risorse.
I numeri del disagio giovanile pubblicati da Repubblica.it sono drammatici. Rivelano che 2milioni di giovani fra 10 e 20 anni soffrono di disturbi mentali. Vivono male la scuola e si sentono inadeguati. E’ il fallimento della Scuola che non prepara alla vita, fornendo insegnamenti per migliorare competenza, autonomia e capacità di relazionarsi. E’ anche il fallimento dei genitori che non sono stati in grado di educare i loro figli a diventare adulti consapevoli delle proprie capacità e responsabili. E’ il fallimento dello Stato che non fornisce un sistema educativo centrato sullo sviluppo della persona.
La speranza è che si formino reti di insegnanti e di genitori che promuovano modi per affrontare questa situazione, attraverso il coinvolgimento degli psicologi ma anche con la realizzazione d’iniziative che possano insegnare agli adolescenti il loro valore come persona a prescindere da ogni altra valutazione.
Non c’è molto tempo per aiutare questi giovani, perchè se si aspetta che escano dalla scuola questo lavoro sarà molto più difficile per la difficoltà a riunirli ma soprattutto perchè avranno passato anni per loro fondamentali a disperarsi.
Slemp, G. R., Field, J. G., Ryan, R. M., Forner, V. W., Van den Broeck, A., & Lewis, K. J. (2024). Interpersonal supports for basic psychological needs and their relations with motivation, well-being, and performance: A meta-analysis. Journal of Personality and Social Psychology.
I processi motivazionali delle persone, il benessere e le performance sono probabilmente favoriti dal sostegno degli altri.
La teoria dell’autodeterminazione sostiene che il supporto interpersonale per l’autonomia, la competenza e la capacità relazionale sia cruciale per raggiungere tali risultati. Nello studio attuale, forniamo un’esame completo di questa formulazione basata su un database composto da 4.561 dimensioni degli effetti provenienti da 881 campioni indipendenti (N = 443.556).
I nostri risultati indicano che il supporto per l’autonomia, la competenza e la capacità di relazionarsi è fortemente correlato positivamente con la soddisfazione di questi bisogni di base e fortemente correlato negativamente alla loro frustrazione. Il supporto interpersonale per i bisogni di base è fortemente correlato positivamente con il benessere soggettivo ed è correlato con le performance. Le analisi hanno mostrato una stabilità generale degli effetti tra le culture, anche se le correlazioni del supporto all’autonomia con la motivazione autonoma si sono indebolite come funzione dell’individualismo. Il pattern opposto è stato osservato per la correlazione tra supporto alla relazionalità e motivazione intrinseca. Alcuni effetti sono anche diminuiti come funzione dell’età del campione.
In sintesi, i nostri risultati sono coerenti con la premessa che per sostenere la motivazione ottimale, il benessere e le performance, dovrebbe essere preso in considerazione un ampio insieme di comportamenti che favoriscono tutti e tre i bisogni di base, insieme a diverse fonti di supporto interpersonale, per ottenere il massimo beneficio.
Implicazioni pratiche
Ad esempio, sul luogo di lavoro, Jungert e altri (2018) hanno esaminato empiricamente un intervento specificamente mirato a promuovere comportamenti interpersonali di supporto ai bisogni all’interno dei team di lavoro attraverso l’implementazione di esercizi tra pari volti a sviluppare la capacità di vedere le cose dal punto di vista degli altri, la comunicazione efficace e la collaborazione. I risultati hanno mostrato che l’intervento ha comportato benefici sulla soddisfazione dei bisogni e sulla motivazione autonoma. La nostra meta-analisi offre ulteriore supporto empirico a tali sforzi. Infatti, come abbiamo notato, in alcuni casi i nostri risultati hanno mostrato che i supporti laterali (tra pari) per i bisogni di base hanno esercitato effetti ancora più significativi rispetto alle fonti verticali, suggerendo che i pari rappresentino una potenziale fonte di nutrimento sotto-utilizzata che potrebbe essere più coinvolta nella progettazione, consegna e mantenimento dell’intervento.
La professione di allenatore è diventata sempre più difficile per tante ragioni sociali e psicologiche. Dal punto di vista sociale oggi per un giovane di qualsiasi età non è possibile praticare uno sport se non s’iscrive a una società sportiva e partecipa agli allenamenti. Quindi, chiunque voglia fare sport lo deve fare all’interno di un’organizzazione e in determinati orari.
Chi una volta andava al parco o ai giardini vicino a casa semplicemente per giocare a pallone con gli amici, per passare del tempo muovendosi ora deve iscriversi a una scuola calcio come chi a una vera passione per questo sport e gioca con l’idea di farlo anche da adolescente e magari diventare un calciatore.
All’interno di questi contesti sportivi osservo allenatori che mostrano difficoltà a insegnare qualcosa che non sia strettamente tecnico. La concentrazione è un problema dei giovani di oggi (e non solo loro), si vedono ad esempio ragazzi che si predispongono con una postura sbagliata a eseguire esercizi e insegnanti che correggono l’esecuzione e non la postura originaria. L’effetto è che la tecnica non può essere ben appresa ma trovo più grave che i ragazzi non associano postura e azione tecnica. Di conseguenza la loro attenzione è centrata sull’esecuzione non su ciò che la precede. Ciò viene confermato dalla correzione dell’istruttore che è anch’essa orientata sulla tecnica.
I giovani in questo modo imparano che devono solo prestare attenzione alla tecnica, che ciò che precede il colpo è insignificante e ignorano che la postura che anticipa il colpo è indispensabile per eseguirlo in modo corretto. In tal modo e nel migliore dei casi imparano a concentrasi solo su una parte del movimento, senza riconoscere che l’azione sportiva consiste in un susseguirsi di movimenti strettamente connessi gli uni agli altri.
Da questa impostazione mentale nascono frasi tipiche come: “oggi non sentivo i colpi”, “ogni volta che ci ho provato, tiravo fuori”, “è inutile quel movimento non mi viene”, “ero sempre in ritardo sull’azione”, “non potevo colpire perchè er rigido”.
Morganti, G.; Brustio, P.R.; Ruscello, B.; Apollaro, G.; Padua, E.; Kelly, A.L. Birth Advantages in Male Italian Soccer: How They Influence Players Youth Career and Their Future Career Status. Sports 2024, 12, 103.
L’articolo tratta delle organizzazioni calcistiche che generalmente adottano modelli deterministici all’interno dei loro percorsi di talento. In questo quadro, si enfatizzano la capacità precoce e i risultati, portando a bias di selezione, come i vantaggi legati alla data di nascita e gli effetti del luogo di nascita, che la ricerca ha dimostrato influenzare sia le esperienze di sviluppo precoce che il coinvolgimento continuativo nello sport.
Lo studio si è proposto di:
- Testare ulteriormente gli effetti legati alla data di nascita nel calcio giovanile italiano, esplorando la distribuzione del trimestre di nascita (BQ) e del luogo di nascita (BP) di 1050 giocatori italiani maschi nati tra il 1999 e il 2001, che hanno partecipato al campionato nazionale U17 durante la stagione 2015-16.
- Indagare come gli effetti legati alla data di nascita abbiano influenzato lo stato di carriera futura dei giocatori selezionati.
I risultati hanno mostrato che i giocatori nati all’inizio dell’anno e quelli nati nel Nord Italia erano sovrarappresentati a livello giovanile. Tuttavia, solo il 18% dei giocatori ha sviluppato una carriera calcistica professionistica. Inoltre, il luogo di nascita dei giocatori era associato al loro futuro stato di carriera, mentre il trimestre di nascita non lo era. I giocatori nati nel Nord Italia avevano cinque volte più probabilità di completare la transizione dai giovani ai senior rispetto a quelli nati nel Sud Italia.