Il calcio giovanile: da dove ripartire?

A pochi giorni dal rinnovo delle cariche FIGC si parla molto di calcio giovanile e di come ricostruirlo. Si è detto di insegnare la tecnica prima  della tattica, si parla dell’importanza dei vivai, si parla di formazione degli allenatori. È tutto giusto, ma il cambiamento deve inevitabilmente passare attraverso una rivoluzione culturale del calcio giovanile che è visto spesso solo in termini di risultati e non di crescita psico-sociale dei giovani e di necessità di formazione degli allenatori. In uno degli ultimi corsi per allenatori giovanili che ho condotto, la maggior parte degli allenatori che erano lì proprio per imparare a gestire e condurre squadre di bambini avrebbero preferito non trovarsi davanti dei Piccoli Amici turbolenti e giocherelloni, perché troppo difficili da gestire e da far vincere. La maggior parte degli allenatori avrebbe voluto vedere affidata a sé almeno una squadra di GIOVANISSIMI. La spiegazione qual è stata? La possibilità di allenare un calcio adulto.

Rimango stupita perché mi aspetterei il desiderio di far crescere i calciatori di domani e invece li vogliono già cresciuti. Le categorie della scuola calcio sembrano far paura, forse perché l’entusiasmo di piccoli bambini rumorosi e vivaci può essere gestito solo da allenatori competenti che siano anche leader capaci, in grado di trasformare bambini scalmanati in giocatori appassionati, che non perdano mai la voglia di divertirsi. Ogni allenatore vuole la squadra vincente e il piccolo campione, subito, ma nessuno sembra voler lavorare per costruire la vittoria che verrà e il campione di domani. La vittoria forse potrà arrivare ma quello che da lì poteva essere il campione di domani sarà “bruciato” già a dodici anni per la mania di vittoria di un adulto che pensa di sapere tutto del calcio. Questo è un problema del calcio, una parte fondamentale che meriterebbe decisioni per il futuro.

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