I motivatori e mental coach non laureati in psicologia si stanno diffondendo nello sport così come nel business. Sono persone che intervengono in questi mondi facendo leva sul bisogno di successo. Vincere è, oggi, l’unica cosa che conta e troppi atleti si fanno abbindolare da persone che come strategie di cambiamento si servono degli insulti oppure li fanno camminare sui carboni ardenti, come se fosse un evento necessario per credere in sè. Purtroppo taluni di questi motivatori hanno successo, perchè le organizzazioni sportive (Coni, club e federazioni) non fanno nulla per aiutare i loto atleti e allenatori a scegliere. anzi talvolta queste stesse organizzazioni sono contente di questa autonomia degli atleti, poichè in questo modo risparmiamo dal punto di vista economico e non devono porsi il problema di scegliere un professionista che dovrebbero anche pagare.
Lo spunto di questa riflessione mi è fornito da un’intervista al motivatore di Bonucci (riportata da un attento conoscitore dello sport e dell’animo umano qual è Gianni Mura con l’articolo “L’aglio motiva Bonucci ma l’alito non fa il monaco”) in cui racconta come ha lavorato con lui. tutto sarebbe da ridere se non fosse che non è una barzelletta bensì una modalità di consulenza. Naturalmente ogni individuo può scegliere chi vuole come consigliere personale o come mental coach, ma come psicologi abbiamo il dovere di affermare che il miglioramento personale passa attraverso figure professionali qualificate e competenti e non da individui che si sono nominate loro stessi motivatori, mental coach o quant’altro solo sulla base di considerazioni personali. La professione di psicologo, come quella del medico, dell’avvocato o delle altre libere professioni è sottoposta a regole precise e nessuno può esercitarla senza un adeguato titolo di studio, non a caso coloro che hanno deciso di farlo senza possedere questi requisiti hanno dovuto inventare nuove parole per definirsi e così sono nati i termini “motivatore” e “mental coach”. Chiunque può definirsi in questo modo, anche il barista sotto casa e non sarà perseguito dalla legge.
E’ necessario che l’Ordine degli Psicologi così come il Coni e le Federazioni Sportive siano in prima linea nel diffondere un approccio professionalmente corretto del mental coaching, altrimenti la cultura sportiva sarà pregiudicata e si affermerà solo chi sarà sul mercato più aggressivo.
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