Sono qui al Torneo Bonfiglio a Milano, uno dei tornei più importanti del circuito Juniores dei tennis e che precede di una settimana quello del Roland Garros. Fino a qualche anno fa, non ci sarebbero stati psicologi in un torneo junior, perchè i pochi che svolgevano questo lavoro non si dedicavano agli atleti adolescenti, a meno che non si trattasse di sport a specializzazione precoce come la ginnastica artistica.
Quando ho iniziato a seguire squadre nazionali, l’investimento in questa area era rivolto solo agli atleti probabili vincitori di una medaglia olimpica, non si sarebbero mai investite delle risorse professionali ed economiche su atleti che non avevano questa prospettiva. Sono andato per la prima volta alle olimpiadi nel 1996 ad Atlanta come psicologo della nazionale di tiro a volo. L’obiettivo era chiaro, lavorare per permettere agli atleti del tiro di migliorare le loro prestazioni e vincere una medaglia.
Il tema del benessere e della salute mentale degli atleti non era un’area a cui si riconosceva importanza e tantomeno il lavoro con gli atleti junior era di qualche interesse. Nel corso dei 32 anni successivi, per arrivare sino a Tokyo questi temi sono diventati altrettanto centrali quanto quelli legati al miglioramento della prestazione. E’ qualcosa che è avvenuto molto gradualmente e dovrebbe essere un bene per tutti ma è proprio vero?
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