Psicologo o motivatore?

Un altro campione, vincitore seriale, Lewis Hamilton, ha parlato dei suoi problemi mentali:

“Fin da piccolo, quando avevo circa 13 anni, soffrivo di depressione, credo sia stato a causa della pressione delle gare e del bullismo a scuola. Non avevo nessuno con cui parlare … A venti anni ho vissuto fasi veramente complicate, ho lottato con la salute mentale per tutta la vita”. In particolare, durante la pandemia, molti fantasmi sono tornati a visitarlo. Per affrontarli, Lewis ha studiato, letto, si è aiutato con la meditazione “perché inizialmente faticavo a calmare la mente”.

In un mondo sportivo in cui:

  • gli atleti parlano di se stessi non solo più evidenziando i loro successi ma anche le difficoltà, le paure e le loro preoccupazioni;
  • il comitato olimpico internazionale e le nazioni più avanzate forniscono agli atleti servizi per migliorare nella preparazione psicologica alle competizione ma anche altri per promuovere il loro benessere, forniti da psicologi professionisti e specializzati in queste aree diverse.

Nel nostro paese c’è ancora chi afferma la necessità del ruolo del motivatore messo in contrapposizione a quello dello psicologo dello sport. Purtroppo non sono in pochi a pensare in questo modo, ed è difficile obiettare alle loro convinzioni poiché le loro opinioni sono pre-scientifiche, non si basano su dati certi ma solo su qualche stereotipo e sulla presunzione di volere avere a ogni costo ragione.

 

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