Archivio per la categoria 'Allenatori'

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Accetta di avere paura e vai avanti

La difficoltà che incontrano molti giovani è di non tollerare di provare emozioni negative e che apparentemente potrebbero bloccare le loro prestazioni. Il loro obiettivo sarebbe di restare sempre calmi e concentrati, il caso contrario lo interpretano in termini di poca fiducia in loro stessi. Un atleta mi ha detto: “prima di quella fase di gara mi sentivo terrorizzato”. Gli ho chiesto qual era il problema, la risposta è stata che avrebbe dovuto sentirsi in quel modo se fosse stato veramente fiducioso verso di sé.

Nessuno spiega a questi ragazzi/e che sentirsi ansiosi è una condizione piuttosto normale prima di una prova e che questo stato d’animo non è una manifestazione d’insicurezza ma potrebbe essere molto altro. Ma chi dovrebbe educarli alle emozioni? Gli insegnanti a scuola o i genitori, che a loro volta hanno le stesse convinzioni dei ragazzi?

Che fare? Sperare che i ragazzi in questione siano più intelligenti delle loro paure e scoprano che si può fare molto bene anche se prima ci si sentiva terrorizzati. Questo potrebbe avvenire in quanto hanno scoperto che tutti sono ansiosi prima di fare qualcosa che per loro è importante, quindi, non è un malfunzionamento ma una condizione che accomuna tutti.

Raggiunta questa consapevolezza potrebbero pensare, che allora se questo stato d’animo non differenzia le persone, probabilmente vado come sono, dovrei concentrarmi su cosa mi serve per fare bene e quindi impegnarmi a stare concentrato sul compito che dovrò svolgere e per il quale mi sono impegnato.

Non tutti ci riusciranno facilmente, anzi serve una dedizione totale, però tutti possono intanto riconoscere che non sono le paure a distinguere le persone ma come si reagisce a questi stati d’animo.

La salute mentale degli allenatori di alto livello

Göran Kenttä, Kristen Dieffenbach, Marte Bentzen,  Melissa Thompson, Jean Côté, Cliff Mallett, and Peter Olusoga (2024) Position Paper: Rationale for a Focused Attention on Mental Health of High-Performance Sports Coaches. International Sport Coaching Journal.

Il ruolo dell’allenatore, particolarmente nello sport ad alto livello, può essere estremamente impegnativo, sfidante e stressante. La ricerca ha costantemente evidenziato le molteplici, variegate e sovrapposte richieste poste agli allenatori nello sport ad alto livello, che derivano sia dalla natura altamente carica dell’ambiente prestazionale stesso che dalla cultura dello sport ad alto livello che enfatizza il controllo emotivo e la resilienza a discapito della vulnerabilità e della ricerca di aiuto. La ricerca ha anche chiaramente evidenziato gli impatti dannosi di queste richieste sul benessere e gli esiti della salute mentale degli allenatori, e sulla sostenibilità dell’allenamento come carriera.

Le sole interventi a livello di allenatore non possono più essere considerati sufficienti per affrontare il complesso problema del benessere e del malessere degli allenatori. Non solo tali interventi, di solito mirati a migliorare la gestione dello stress, insegnare la consapevolezza o sviluppare specifiche “abilità” psicologiche, non affrontano i fattori sistemici a livello organizzativo che sottendono la cattiva salute mentale e il malessere nell’allenamento, ma sosteniamo che possano aggravare il problema, colpevolizzando involontariamente l’allenatore per la propria mancanza di capacità di autotrattamento.

Sebbene l’autocura dell’allenatore sia ancora una parte importante del quadro del benessere, la responsabilità per il benessere dell’allenatore dovrebbe essere condivisa. Perciò, sosteniamo un approccio più sistematico a livello organizzativo per potenziare e mantenere la salute mentale e il benessere degli allenatori. Sottolineiamo la necessità di interventi a livello organizzativo per ridurre il stigma associato alla scarsa salute mentale, per l’educazione degli allenatori affinché riconoscano le richieste dell’insicurezza lavorativa, delle transizioni di carriera e dello stress minoritario, e per il supporto tangibile alla salute mentale sotto forma di screening e accesso a un supporto appropriato. Inoltre, mentre sottolineiamo l’importanza dell’educazione degli allenatori in queste aree, mettiamo anche in evidenza l’educazione degli educatori degli allenatori, degli sviluppatori degli allenatori e di altri attori chiave in modo che siano meglio posizionati per supportare gli allenatori per i quali hanno un dovere di cura.

Suggeriamo che sia necessaria anche la ricerca per esplorare ed valutare gli interventi a livello organizzativo mirati a migliorare il benessere degli allenatori e che i finanziamenti dovrebbero essere indirizzati verso tali ricerche. Studi che esplorano popolazioni specifiche come gli allenatori di gruppi minoritari o ricerche più interculturali potrebbero anche sviscerare le sfumature dei diversi ambienti prestazionali e i loro impatti sulla salute mentale e il benessere degli allenatori, portando in definitiva a una comprensione più ampia e alla fornitura di strategie di intervento più su misura.

Questo articolo serve come un riassunto conciso, non solo della natura intensa dello sport ad alto livello ma anche delle implicazioni sulla salute mentale conseguenti per gli allenatori sportivi. Tuttavia, è imperativo andare oltre la fornitura di benessere e salute mentale a livello individuale/allenatore e il completo insieme di raccomandazioni basate su prove fornite qui è inteso per migliorare la sostenibilità dell’allenamento come professione.

Ruolo dell’esercizio nella gestione della salute mentale

Smith PJ, Merwin RM. The Role of Exercise in Management of Mental Health Disorders: An Integrative Review. Annu Rev Med. 2021 Jan 27;72:45-62.

Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che quantità minori di attività fisica (AF) o maggiori quantità di tempo trascorso in comportamenti sedentari sono associati a un maggiore rischio di problemi di salute mentale. In uno studio recente su 1,2 milioni di adulti statunitensi, in cui i partecipanti sono stati abbinati su numerosi fattori di background e demografici, gli individui che facevano esercizio riportavano un miglior funzionamento della salute mentale rispetto a coloro che non facevano esercizio.

Studi prospettici focalizzati su specifiche condizioni di salute mentale hanno riportato risultati simili, suggerendo che una maggiore AF abituale può proteggere contro lo sviluppo di varie condizioni di salute mentale. Ad esempio, una recente meta-analisi di 49 studi prospettici su quasi 267.000 individui ha dimostrato che livelli più alti di AF sono associati a una minore probabilità di sviluppare depressione in diverse fasce d’età.

L’AF è anche associata prospetticamente a una minore probabilità di sviluppare sintomi d’ansia elevati e disturbi d’ansia in una recente meta-analisi di oltre 80.000 individui.

L’esame della letteratura che collega l’esercizio alla salute mentale suggerisce che l’allenamento fisico è vantaggioso per una vasta gamma di risultati sulla salute mentale, anche se la forza del beneficio del trattamento sembra variare tra le popolazioni e le modalità di allenamento. La letteratura attuale potrebbe essere caratterizzata da tre ipotesi meccanicistiche principali, che sono utili nel formulare ipotesi riguardanti i miglioramenti del trattamento:

  1. la salute mentale migliora in associazione con gli effetti fisici/edonici dell’esercizio,
  2. l’esercizio migliora la salute mentale attraverso meccanismi neurobiologici,
  3. l’esercizio è un veicolo per coltivare meccanismi comportamentali di cambiamento (ad esempio, abilità di auto-regolazione e autoefficacia).

Sosteniamo che l’allenamento fisico probabilmente migliora la salute mentale attraverso influenze sinergiche sia dei meccanismi di apprendimento neurobiologici che comportamentali. All’interno di questo quadro, l’allenamento migliora i sistemi neurobiologici critici per l’apprendimento adattivo, così come i processi di controllo affettivo e cognitivo, risultando in miglioramenti sinergici nella regolazione delle risposte cognitive e affettive attraverso un “circolo virtuoso” di rinforzo.

IJSP Master class on extreme experiences

ISSP Master Class Series – Lecture #7

Extreme Experiences in Sports and Experiences in Extreme Sports

A DUAL PSYCHOLOGY PERSPECTIVE

Date: Tuesday, May 16th, 2024
Speakers: Prof. Dr. Dieter Hackfort
Length of Session: 90 minutes (60-minute lecture, 30-minute Q&A)
Language: English (Live multilingual captioning available)
Time: 12:00 UTC (New York 8:00, Belo Horizonte, 9:00, Beijing 20:00, Seoul 21:00, Sydney 22:00)
Where: Zoom (Link sent upon registration)
Recordings: Available for 60 days after the lecture

Program Overview

During this lecture, Prof. Hackfort will examine distinctions and various conceptual approaches in order to explain behavior in adventurous, risky, and extreme sports activities. In applying an action-theory perspective, Prof. Hackfort will outline a prolific framework for a differentiated analysis and the development of a sophisticated understanding considering socio-cultural circumstances and individual motivations associated with participation in such activities. The purposes of this presentation are to (1) differentiate and describe adventurous sport activities, risk sports, and extreme sports, (2) analyze and elucidate explanations for them, and (3) clarify some misunderstandings in public perceptions related to these activities. Prof. Hackfort will question the usage of labels such as ‘danger-freaks,’ ‘stress-junkies,’ or ‘sensation-seekers’ and unravel misleading attributions. With reference to concepts like stress and coping, risk and security, or arousal and relaxation, he will illustrate the necessity of a dual perspective and the meaning of considering functional interrelations. Only thus, it is possible to move beyond simple mono-causal and uni-directional approaches for an appropriate conceptualization of the organization and regulation of human actions, not only in adventurous sport activities or elite sports but also in non-sporting action fields or domains. However, based on his experiences in applied sport psychology, Prof. Hackfort will also address opportunities to learn about risk behavior and design strategies for risk education to enhance risk-consciousness and competencies in calculated risk-taking.

About the Speakers
Prof. Dieter Hackfort is a retired Professor of Sport, Exercise, and Performance Psychology. Since 1985, Prof. Hackfort has held professorships in universities on three continents: Europe (Heidelberg and Munich in Germany), Asia (Doha, Qatar and Wuhan, China), and North America (Tampa, Florida, USA). From 1989 to 1993, Prof. Hackfort was the president of the German Association for Sport Psychology (ASP), and from 2005 to 2009, he was the President of the International Society of Sport Psychology ISSP). Prof. Hackfort continues to be heavily involved in applied practice. His applied work extends from working as a consultant for world champions in professional sports (e.g., F1) and Olympic gold medalists (e.g., skiing) as well as performing artists, elite sports organizations, and businesses around the globe. The main research interests of Prof. Hackfort are in (1) high-performance management, including the organizational set-up for high performance, (2) lifestyle and career management of elite athletes, (3) mental fitness and robustness, (4) stress and emotions concerning its functional meaning for action regulation, (5) the development of diagnostic tools, assessment strategies and measurements for a computer-assisted mental test and training system (MTTS). His work on these various issues is connected with the conceptual and methodological advancement of an action-theory perspective in the social/human sciences. Prof. Hackfort is a widely published scholar with over 250 publications, including 35 books and edited volumes. Prof. Hackfort received numerous awards in recognition of his outstanding academic and applied research and leadership in national and international organizations. Among others, he received the ISSP International Sport Psychologist Award in 2017 and was bestowed the status of ISSP Fellow in 2018. Finally, in 2023, Prof. Hackfort was selected for the inaugural generation of the ISSP Hall of Fame to be one of the top ten living sport psychologists.

Program Format
Attendees can participate in an ISSP Master Class session right from their office or home. Upon registration, registrants will be provided the Zoom link to access the presentation on the web in real-time. If you are unable to watch the session live, a recording will be provided afterward to all registrants.

Pronti per le XXXIII° Olimpiadi

E’ stata accesa in Grecia, al tempio di Era risalente a 2.600 anni fa, vicino allo stadio dove nacquero le Olimpiadi nel 776 avanti Cristo. Mancano poco più di 100 giorni al 26 luglio, quando ci sarà l’inaugurazione a Parigi dei XXXIII° Giochi Olimpici.

Attualmente sono 193 gli italiani/e qualificati in 23 discipline. Le Olimpiadi costituiscono il sogno di ogni atleta e l’apice della carriera sportiva. Vincere una medaglia olimpica è come scalare l’Everest senza ossigeno. Degli atleti/e dell’élite mondiale, in Italia circa 300 tra uomini e donne,  probabilmente solo il 10% salirà sul podio. Vincere una medaglia è un evento veramente raro e per questo corrisponde all’impegno di una vita.

Pechino 2022: accesa la fiamma olimpica | EuronewsCome sappiamo non basta solo il talento personale, servono motivazione e dedizione, allenamenti di qualità, anni, molte ore/settimana, allenatori e staff eccellenti, prevenzione dagli infortuni, capacità di recupero, uno stile di vita adeguato e un ambiente extra-sportivo positivo.

Tutto questo non vaccina contro paura e ansia ma mette nella condizione di saperle affrontare con successo. A poco più di tre mesi dall’inizio delle gare allenamenti e gare continuano, molti si devono ancora qualificare, gli sport di squadra sono nel vivo delle competizioni con il campionato e le coppe internazionali, negli sport individuali si gareggia per trovare il pass per Parigi. E’ un periodo intenso e in questi giorni il pilota che c’è dentro di noi che ci guida nel lavoro quotidiano diventa sempre più importante. Il compito è alternare con efficacia i momenti in cui si spende la propria energia, allenamento e gare, con quelli in cui si recupera l’energia che si è spesa (alimentazione, sonno, relax, vita sociale). Queste due fasi si alternano ogni giorno e sono ambedue importanti per giungere pronti alla fine.

Bisogna entrare in questi due ambienti con facilità e farsi aiutare da chi ci sta vicino a mantenere questa alternanza. Si dà tutto sapendo di avere il tempo per recuperare e si recupera per potere dare tutto.

 

L’impegno

Impegno:  Disposizione individuale a fare sacrifici in altre aree della propria vita, allo scopo di avere successo nello sport.

  • Stabilisci quanto ti senti coinvolto nel raggiungimento degli obiettivi sportivi.
  • Pensa a cosa hai fatto nell’ultimo anno per migliorare nello sport e a quanto ti sei impegnato per realizzare questi tuoi obiettivi. I cambiamenti da considerare possono riguardare aspetti tecnici, fisici e psicologici. Fai una graduatoria che vada da quelli più significativi a quelli meno rilevanti, identificando per ognuno i risultati raggiunti.
  • Se ti senti poco/mediamente coinvolto in ciò che fai, chiediti come mai ti trovi in questa situazione: identifica cosa  hai fatto tu stesso per metterti in questa situazione e cosa vuoi fare di diverso per aumentare la tua motivazione.
  • Pensa a come hai reagito alle critiche del tuo allenatore o ad un errore. Il tuo impegno è continuato ad essere costante se non maggiore, oppure ti sei depresso o sei diventato più aggressivo?
  • Pensa ai momenti in cui ti sei trovato in difficoltà, cosa ti sei detto e hai fatto per mantenere alta la tua motivazione? Non scordartene poiché questi atteggiamenti sono un tuo patrimonio estremamente importante, di cui servirti nelle situazioni difficili per sostenere l’impegno e il desiderio di avere successo.
  • Talvolta l’impegno eccessivo può condurre: ad una eccessiva cura nei dettagli. Pertanto, è necessario ottimizzare il rapporto fra timing decisionale, che riguarda entro quanto una decisione va presa  e impegno personale, che si riferisce al tempo necessario per raccogliere solo le informazioni utili e non quelle che sarebbero ridondanti o poco significative.

Come auto-migliorarsi

Orientamento all’auto-miglioramento: Desiderio di essere costantemente coinvolti in un processo di continuo miglioramento, percepito come il processo principale per raggiungere gli obiettivi aziendali.

  • Individua 3 tuoi punti di forza e 3 punti da migliorare. Elenca quali sono le situazioni che esaltano i tuoi punti di forza e quelle che invece stimolano il manifestarsi dei tuoi punti deboli.
  • Pensa a come reagisci agli errori: vorresti che nessuno se ne accorgesse oppure li ritieni delle ottime opportunità di miglioramento.
  • Scrivi 5 ragioni per cui per te è importante migliorare.
  • Osserva altri atleti, guarda come si comportano, come si rapportano con l’allenatore, come gestiscono gli errori. Individua cosa puoi imparare da loro.
  • Parla con il tuo allenatore e discuti con lu/lei sul tuo sviluppo futuro come atleta.
  • Prepara una lista di obiettivi che vuoi raggiungere nel prossimo futuro. Accanto riporta quali competenze richiedono e stabilisci, con un punteggio da 1 a 5, in che misura le possiedi.
  • Analizza le situazioni più importanti che hai affrontato negli ultimi mesi e pensa in che misura avresti potuto affrontarle diversamente.

L’allenatore: se la squadra perde sei licenziato

Questo turno di Champions League e i commenti apparsi sui media hanno messo in evidenza in modo molto evidente i limiti attuali del calcio Italiano. Ci si sofferma sul gioco, sulla qualità dei giocatori, sui soldi che tutto questo costa e le analisi sono spesso impietose nei confronti della  Serie A. Il calcio è un fenomeno complesso che richiede molte diverse professionalità che s’integrano nella gestione e nello sviluppo di una squadra. Fra i tanti fattori che partecipano a determinare il valore di una squadra vorrei soffermarmi sugli allenatori. Criticarli è piuttosto facile perchè il giudizio su di loro dipende dai risultati della squadra. Come tutti sappiamo sono i primi a essere esonerati quando i risultati non corrispondono alle aspettative del club. In questa stagione sportiva, non ancora conclusa, è stato raggiunto il record di 14 cambi di panchina su 20 squadre. Solo la Liga spagnola ci segue con 13 esoneri mentre in Germania sono stati 8 e in Inghilterra 5.

Il calcio è uno sport ad alto rischio dove non si accettano le sconfitte e quindi rappresenta un alto livello di stress per gli allenatori, che se da un lato nelle squadre professionistiche sono ben remunerati dall’altra non è facile vivere questa condizione d’incertezza anche se scelta da loro. Si può dire che gli allenatori subentrati si trovano a dovere affrontare una situazione di pronto soccorso, devono guarire il malato, la squadra, in tempi rapidi e a qualsiasi costo. Sono pochi quegli allenatori che possono permettersi di aspettare la chiamata per loro giusta e prendersi il tempo che desiderano per attendere la squadra che soddisfi le loro esigenze, la maggior parte invece deve essere pronta a buttarsi nella mischia e lavorare senza sosta per trovare rapidamente una soluzione e naturalmente mostrarsi soddisfatti della chance che gli viene offerta. Tutto questo viene ben pagato ma a mia conoscenza non ho visto finora su questo tipo di condizione umana e tantomeno analisi approfondite sul tema da parte della loro organizzazione e dei singoli club.

Mi sembra che si sia perso il valore del lato umano del calcio a spese di una concezione unidimensionale del calcio secondo cui o vinci o non sei nulla.

Autismo, solitudine, appartenenza e scuola

Ieri si è celebrata la giornata mondiale dell’autismo, un disturbo che colpisce molti bambini e futuri adulti che ancora costituisce un fattore di scarsa integrazione e inclusione nell’ambiente sociale, senza dimenticare che l’inserimento nel mondo del lavoro è ancora marginale. Nel complesso le notizie negative sono tuttora molte, e le famiglie vivono quotidianemte la responsabilità dello sviluppo dei loro figli con aiuti limitati da parte del sistema sanitario nazionale e della scuola. Di positivo vi è la rete di associazioni spesso fondate da genitori con figli con autismo che rispondono ad alcune fra le loro molte esigenze che variano dai percorsi terapeutici ai programmi sportivi e di altro genere.

Nel nostro piccolo, anche noi come Accademia di Calcio Integrato partecipiamo nel fornire risorse a questi giovani e alle loro famiglie. Il nostro scopo, attraverso l’insegnamento del calcio, è di ridurre la solitudine attraverso la costruzione di una community fra genitori e sport, e favorire lo sviluppo di un senso di appartenenza attraverso il calcio: Ciò avviene in diversi modi, fra cui il progetto “Compagni di classe” che consiste nell’invitare alcuni compagni di classe a giocare a calcio insieme in determinate giornate dell’anno scolastico. Sono giornate di sport e di festa a cui partecipano anche gli insegnanti e durante questa attività i giovani con autismo si presentano agli altri in un modo diverso, più capace e per loro più soddisfacente rispetto a quello mostrato nella vita scolastica.

Siamo consapevoli che queste esperienze dovrebbero essere più frequenti ma in ogni caso evidenziano qualità e apprendimenti dei giovani con autismo che insegnanti e compagni di classe non vedono durante l’orario a scuola.

Sono attività che opportunamente organizzate potrebbero essere svolte anche nelle scuole laddove invece sono abitualmente assenti. Queste esperienze stanno a indicare le possibili strade che potrebbero essere percorse per realizzare nei fatti l’inclusione a scuola. In relazione allo sport, le società sportive come la nostra, mostrano come ciò potrebbe avvenire. La Scuola nel suo complesso non è pronta a cambiare per rendere quotidiane esperienze come questa di “Compagni di classe” e quindi l’inclusione continua a restare vincolata alla buona volontà di insegnanti e dirigenti scolastici.

 

Le regole per educare i figli all’autonomia

Sulla base dei problemi che i giovani mostrano diventa necessario offrire modi pratici ai genitori per educare i loro figli. In ogni caso, l’obiettivo principale che dovranno soddisfare i genitori riguarda la necessità di non abbandonare il loro compito educativo. Troppo spesso si vedono genitori che abdicano a questo ruolo nella speranza che la soddisfazione di ogni desiderio sia il modo migliore per crescerli.

Ci si nasconde dietro l’idea che dare tutto a loro sia il modo per farsi ascoltare e per favorire la fiducia. In questo modo, i giovani crescono convinti che nella vita basterà chiedere per avere e che ci sarà sempre qualcuno che risolverà per loro i problemi che incontreranno.  In tal modo si blocca lo sviluppo dell’autonomia, che può avvenire solo quando viene data l’opportunità di prendere decisioni e di verificarne gli effetti.

A questo riguardo, Jonathan Haidt fornisce alcune consigli che condivido pienamente:

  1. Dare ai bambini molto più tempo per giocare con altri bambini. Questo gioco dovrebbe idealmente svolgersi all’aperto, in gruppi misti di età, con poca o nessuna supervisione degli adulti (che è il modo in cui la maggior parte dei genitori è cresciuta, almeno fino agli anni ’80).
  2. Cercare più modi per inserire i bambini in comunità reali e stabili. Le reti online non sono affatto vincolanti o soddisfacenti.
  3. Non dare uno smartphone come primo telefono. Dare un telefono o un orologio specializzato per la comunicazione, non per le app basate su Internet.
  4. Non dare uno smartphone fino alle scuole superiori. È facile farlo se molti dei genitori dei compagni di tuo figlio fanno lo stesso.
  5. Ritardare l’apertura di account su quasi tutte le piattaforme di social media fino all’inizio delle scuole superiori (almeno). Questo diventerà più facile se potremo sostenere i legislatori che stanno cercando di aumentare l’età di quando si diventa “adulti per Internet” dagli attuali 13 anni (senza verifica) a 16 anni (con verifica obbligatoria dell’età).