Archivio per la categoria 'Allenatori'

Pagina 19 di 206

L’importante è vivere per essere e non per avere

Vivere per essere o vivere per avere, sono due modalità esistenziali basate su idee opposte. Vivere per essere è quello che hanno dimostrato Sinner, Bagnaia e i loro compagni che s’impegnano per essere la migliore versione di loro stessi per raggiungere i loro obiettivi assoluti. Vivere per avere è la cifra di chi vuole possedere, cose e persone non importa, e che quando non soddisfa questo bisogno profondo trasforma la frustrazione in rabbia distruttiva verso le persone amate, così ha fatto l’assassino di Giulia Cecchettin, che come ha scritto sua sorella Elena “non è stato educato al consenso, al rispetto e alla libertà di scelta”.

Avere o essere è il titolo di un libro di Erich Fromm pubblicato nel 1976 che ha descritto con queste due parole due modi opposti di vivere. L’approccio alla vita quotidiana secondo la modalità che si basa sull’avere, caratterizza coloro che hanno un rapporto di possesso con il loro mondo, con l’obiettivo di impadronirsi di cose e persone. Il loro motto si sintetizza nella frase: “Sono ciò che possiedo”. La modalità esistenziale di chi vive secondo l’approccio basato sull’essere si pone su un piano opposto, in cui l’individuo si rappresenta in funzione delle sue azioni, definito dalla frase: “Sono quello che faccio”. Seguendo questa modalità l’esperienza quotidiana non è mai uguale a se stessa , e il presente contiene il passato ed è anticipazione del futuro.

In questi giorni, l’entusiasmo che questi giovani campioni hanno suscitato intorno alle loro imprese e la conseguente massiccia esposizione pubblica che li ha coinvolti sono un esempio di quanto sia forte il bisogno d’identificazione di tutti, adulti e giovani, verso figure giovani, positive che trasmettano spontaneità attraverso le azioni delle loro prestazioni, nonostante siano di livello eccezionale. C’è bisogno nel paese di esempi a cui fare riferimento, anche perché questi giovani campioni non sono soli, accanto loro ve ne sono molti altri, uomini e donne, che lavorano o studiano, che sono altrettanto bravi e brave, che vivono seguendo una modalità esistenziale centrata sull’essere ma che non hanno la visibilità dei nostri giovani campioni. Questi ragazzi vincenti permettono di portare alla luce questi stili di vita centrati sull’autorealizzazione e sul senso di appartenenza. Il messaggio è chiaro: anche se sei un talento non puoi vincere da solo. Come diceva Michael Jordan, da solo si può vincere una partita ma non un campionato.

Non si sentono soli Sinner e Bagnaia, sono consapevoli di essere cresciuti grazie alla squadra, è così che fioriscono i campioni. Dice bene Emanuela Audisio quando scrive che mentre si parla “di ragazzi italiani immaturi, violenti, non attrezzati alle sconfitte, alle frustrazioni, incapaci di rispetto, forse bisognerebbe guardare anche da questa parte dello sport”. Parliamo di come questi ragazzi sono cresciuti, di chi sono stati i loro maestri, di come hanno imparato dagli errori e di come hanno sviluppato una mentalità di squadra anche in sport individuali. Parliamo e andiamo a conoscere anche tutti quegli altri giovani e sono tanti, ragazzi e ragazze, le cui storie non vanno sui media, che non sono famosi ma che perseguono obiettivi personali di autorealizzazione per loro importanti, diamo voce anche a loro. Altrimenti si continuerà a diffondere una narrazione solo negativa di questa gioventù come insicura, viziata e schiava dei social.

 

Realizza i tuoi sogni

Sintesi degli effetti dell’attività fisica sulle funzioni cognitive

Zhang M, Jia J, Yang Y, Zhang L, Wang X. Effects of exercise interventions on cognitive functions in healthy populations: A systematic review and meta-analysis. Ageing Res Rev. 2023 Nov 3;92:102116.

American College of Sports Medicine (ACSM) indica che diverse variabili dell’esercizio dovrebbero essere valutate quando si considerano prescrizioni di esercizio per migliorare la salute cognitiva del cervello; hanno proposto il principio FITT-VP come riferimento, definito come:

  • frequenza dell’esercizio (quanto spesso)
  • intensità (difficoltà)
  • tempo (durata di ciascuna sessione di esercizio)
  • tipo (di esercizio)
  • volume (quantità totale di esercizio per intervento)
  • progressione (cambiamento nella difficoltà in un programma di esercizio nel tempo dell’intervento)

Ci sono pochi studi che hanno considerato contemporaneamente:

  • se le intenzioni di esercizio cronico possano influenzare diverse funzioni cognitive delle persone nella popolazione generale dalla infanzia all’età adulta e oltre nell’età avanzata,
  • come ciascuna delle variabili dell’esercizio modera ulteriormente questa relazione,
  • nelle popolazioni sane di bambini e giovani (età 6-17 anni), adulti (età 18-60 anni) e anziani (età >60 anni).

L’analisi del tipo di esercizio ha indicato che tutti i tipi di esercizio hanno avuto effetti significativi sulla cognizione:

  • Per la durata dell’esercizio, durate moderate e lunghe (p < 0.001) hanno entrambe avuto effetti significativi sulla cognizione.
  • Sia la bassa frequenza che la moderata frequenza dell’esercizio hanno avuto effetti significativi sulla cognizione.
  • Alcuni dei domini cognitivi valutati hanno beneficiato positivamente dagli interventi di esercizio.
  • In particolare, la cognizione globale (p<0.001), la funzione esecutiva (p = 0.01) e la memoria (p = 0.01) hanno mostrato differenze statisticamente significative rispetto ai gruppi di controllo, mentre non è stata trovata significatività statistica per l’attenzione (p = 0.14) e l’elaborazione delle informazioni.
  • La cognizione globale richiede esercizio aerobico, durata moderata, frequenza moderata, intensità moderata.
  • Le funzioni esecutive richiedono esercizio di resistenza, bassa frequenza e intervento di durata moderata.
  • La memoria richiede esercizio mente-corpo, durata moderata, frequenza moderata, esercizio ad alta intensità e intervento di durata moderata.
  • L’attenzione e l’elaborazione delle informazioni richiedono esercizio a bassa intensità e frequenza moderata.
  • Le performance della cognizione globale, della funzione esecutiva e della memoria sono state significativamente migliorate nei partecipanti più anziani.

L’attività motoria può migliorare deficit dell’autismo

Gehricke, J.-G., Chan, J., Farmer, J.G., Fenning, R.M., Steinberg-Epstein, R., Misra, M., Parker, R.A., & Neumeyer, A.M. (2020). Physical activity rates in children and adolescents with autism spectrum disorder compared to the general population. Research in Autism Spectrum Disorders.

L’attività fisica potrebbe migliorare i sintomi e le carenze di abilità associate al disturbo dello spettro autistico (ASD).

L’obiettivo di questo studio era confrontare la frequenza riportata di attività fisica e covariate in un campione ampio di bambini con ASD rispetto ai bambini di età simile della popolazione generale.

Tra i maschi nel gruppo di età 6-11 anni, quelli con ASD partecipavano meno spesso all’attività fisica (33%, p <0,001) rispetto a quelli nella popolazione generale di giovani di pari età (17%).  Il 4% dei ragazzi con sviluppo tipico rispetto al 18% nel gruppo con ASD non si impegnava affatto in attività fisica.

Le caratteristiche demografiche, infantili e familiari associate all’attività fisica nei bambini e negli adolescenti con ASD includevano l’etnia nelle femmine, la diagnosi di ASD del DSM-IV, il QI e il punteggio totale del PAM-13 nelle femmine.

Si incoraggiano genitori e caregiver a trovare programmi adatti di attività fisica per i bambini con ASD. Questo potrebbe essere particolarmente importante per i ragazzi con ASD di 6-11 anni che si impegnano significativamente meno in attività fisica rispetto ai loro coetanei nella popolazione generale.

E’ un bene per i giovani che lo sport sia organizzato dagli adulti?

Sappiamo che la quasi totalità dei giovani under 18 (90,6%) pratica sport in impianti sportivi, quindi in situazioni organizzate per loro da società sportive e in definitiva da adulti. Di conseguenza è molto ridotto, se non assente, il tempo in cui i giovani si organizzano da soli in modo autonomo.

La pratica dello sport organizzato e gestito da adulti può offrire numerosi vantaggi ai giovani, come l’apprendimento delle regole, il lavoro di squadra, lo sviluppo delle capacità fisiche e la guida da parte di allenatori esperti. Tuttavia, è altrettanto importante che i giovani abbiano la possibilità di partecipare a esperienze sportive autonome e di autogestione.

Ecco alcuni punti da considerare da considerare come spunti di riflessione per il mondo sportivo che poi richiede sul campo, senso di responsabilità, capacità decisionali e autonomia.:

  1. Sviluppo delle capacità di leadership e autonomia - Consentire ai giovani di organizzare e gestire attività sportive da soli può favorire lo sviluppo delle loro capacità decisionali, di leadership e di problem-solving. Questo tipo di esperienza li aiuta a diventare più indipendenti e a prendere iniziative.
  2. Creatività e spirito imprenditoriale - L’autogestione dello sport può promuovere la creatività e l’innovazione tra i giovani, incoraggiandoli a sviluppare nuovi modi di praticare uno sport o di organizzare eventi sportivi.
  3. Flessibilità e adattabilità - Lavorare autonomamente nel campo dello sport insegna ai giovani a essere flessibili e adattabili alle situazioni mutevoli, migliorando le loro capacità di problem-solving e adattamento.
  4. Equilibrio tra struttura e libertà - È importante trovare un equilibrio tra l’organizzazione degli adulti e l’autogestione dei giovani nello sport. Entrambe le esperienze hanno i loro vantaggi, e l’ideale potrebbe essere un mix tra la struttura offerta dagli adulti e l’autonomia conceduta ai giovani.
  5. Inclusione e diversità - L’autogestione potrebbe favorire una maggiore inclusione e diversità nelle attività sportive, consentendo a una varietà di persone di partecipare in base alle proprie esigenze e interessi.
  6. Favorisce la responsabilità - L’autogestione nello sport insegna ai giovani a essere responsabili delle proprie azioni e decisioni. Essi imparano a gestire il loro tempo, ad assumersi responsabilità e a rispettare gli impegni presi all’interno del contesto sportivo.
  7. Potenzia la fiducia in sé stessi - Quando i giovani gestiscono autonomamente attività sportive, possono sperimentare il successo attraverso il proprio impegno e lavoro. Questo contribuisce a potenziare la fiducia in sé stessi e la percezione positiva delle proprie capacità.
  8. Promuove lo spirito collaborativo - Collaborare tra pari nella gestione di attività sportive favorisce lo sviluppo di relazioni sociali più strette. Si crea un ambiente in cui i giovani imparano a lavorare insieme, a negoziare, a risolvere i conflitti e a prendere decisioni di gruppo.
  9. Incentiva la creatività e l’innovazione- L’autogestione offre la libertà di sperimentare nuove idee e metodi nell’ambito sportivo. Questa libertà stimola la creatività e l’innovazione, incoraggiando i giovani a pensare in modo originale e ad adottare soluzioni non convenzionali.
  10. Fornisce un senso di appartenenza e identità - Quando i giovani sono coinvolti attivamente nella gestione delle attività sportive, sviluppano un senso di appartenenza e identità con il gruppo. Questo senso di appartenenza può aumentare la motivazione e l’entusiasmo nel praticare lo sport.

In conclusione, mentre lo sport organizzato e gestito dagli adulti offre una solida struttura e guida professionale, permettere ai giovani di prendere iniziative e gestire autonomamente alcune attività sportive può contribuire in modo significativo allo sviluppo delle loro capacità individuali, sociali e decisionali. Trovare un equilibrio tra queste due modalità può essere estremamente vantaggioso per il loro sviluppo globale.

La necessità di avere una routine: la cassetta di Phelps

Michael Phelps, uno dei più grandi nuotatori della storia, era noto per la sua intensa preparazione e routine prima delle gare. La sua routine pre-gara, spesso chiamata “guardare la cassetta”, era un rituale che contribuiva alla sua concentrazione e al suo stato mentale ottimale per gareggiare al massimo livello.

Questa pratica coinvolgeva diversi passaggi:

  1. Isolamento - Phelps cercava un angolo tranquillo e privo di distrazioni. Spesso si ritirava in una zona riservata, lontano dall’agitazione dell’evento principale, per concentrarsi completamente sulle sue prestazioni.
  2. Cuffie e musica - Indossava le cuffie e ascoltava la sua playlist personale. La musica lo aiutava a rilassarsi e a focalizzare la sua mente sulle sue gare imminenti.
  3. Visualizzazione - Chiudeva gli occhi e si immaginava mentalmente mentre nuotava la gara perfetta. Visualizzava ogni aspetto della sua prestazione, immaginando ogni colpo, virata e movimento nell’acqua. Questa pratica di visualizzazione lo aiutava a prepararsi mentalmente e a entrare nella mentalità vincente.
  4. Concentrazione sulle cuffie - Concentrandosi sulla musica, sul ritmo e sulle parole delle canzoni, Phelps trovava un modo per bloccare le distrazioni esterne e concentrarsi interamente sulle sue prestazioni imminenti.

Questo rituale faceva parte dell’approccio mentale di Phelps alla competizione. Gli ha permesso di entrare in uno stato mentale ottimale, minimizzando lo stress e massimizzando la sua concentrazione, consentendogli di eccellere nelle sue gare.

Cosa deve conoscere un allenatore

Un allenatore deve conoscere più della semplice tecnica del suo sport per diversi motivi:

  1. Sviluppo completo degli atleti - La conoscenza della sola tecnica sportiva potrebbe non essere sufficiente per massimizzare il potenziale degli atleti. Gli allenatori devono comprendere la psicologia, la nutrizione, la preparazione fisica e altri aspetti che influenzano le prestazioni degli atleti per poter fornire un supporto completo e ottimizzare le loro capacità.
  2. Gestione degli aspetti mentali - Lo sport non riguarda solo l’abilità fisica, ma anche la mente. Gli allenatori devono essere in grado di gestire gli aspetti psicologici, come la motivazione, la fiducia, la concentrazione e la gestione dello stress, che possono influire significativamente sulle prestazioni degli atleti.
  3. Prevenzione degli infortuni - Comprendere la biomeccanica, l’allenamento adeguato e le strategie di recupero è essenziale per prevenire gli infortuni e promuovere la salute degli atleti. Un allenatore che conosce solo la tecnica potrebbe non essere in grado di identificare correttamente i rischi di lesioni o di proporre metodologie per prevenirle.
  4. Costruzione di squadra e leadership - La conoscenza della sola tecnica potrebbe non essere sufficiente per creare un ambiente positivo all’interno della squadra o per sviluppare abilità di leadership. Gli allenatori devono comprendere come gestire dinamiche di gruppo, risolvere conflitti e sviluppare la coesione per formare una squadra efficace.
  5. Adattabilità e innovazione - Nel mondo dello sport, le strategie e le tattiche possono evolvere rapidamente. Gli allenatori devono essere flessibili e in grado di adattarsi ai cambiamenti, integrando nuovi metodi di allenamento, tecnologie e approcci per rimanere competitivi.

In conclusione, mentre la conoscenza della tecnica sportiva è fondamentale, un allenatore che vuole avere successo e massimizzare le prestazioni degli atleti deve avere una conoscenza ampia e diversificata che vada oltre la pura tecnica sportiva. Integrare conoscenze su aspetti psicologici, fisici, nutrizionali e di gestione delle squadre è cruciale per fornire un supporto completo agli atleti.

Mindfulness e consapevolezza positiva di se stessi

La pratica della mindfulness può essere estremamente utile nel focalizzarsi sulle qualità positive di sé stessi e nel mantenere la concentrazione su ciò che è bello e significativo nella propria vita. Ecco un possibile programma di mindfulness per restare concentrati sulle cose belle di sé stessi:

  1. Consapevolezza del respiro - Inizia con una pratica di respirazione consapevole. Trova un posto tranquillo, sediti o sdraiati comodamente e porta l’attenzione al respiro. Nota come l’aria entra ed esce dal tuo corpo. Questo aiuta a calmare la mente e ad entrare in uno stato di presenza nel momento presente.
  2. Riconoscere i pensieri positivi - Durante la giornata, presta attenzione ai pensieri positivi su te stesso. Quando emergono pensieri di apprezzamento, gratitudine o amore verso te stesso, prenditi un momento per riconoscerli senza giudizio. Potresti annotarli in un diario per mantenere traccia di essi.
  3. Pratica della gratitudine verso se stessi - Dedica del tempo ogni giorno per riflettere su almeno tre cose che ami di te stesso o di cui sei grato. Potrebbero essere abilità, qualità personali, relazioni o anche piccoli successi quotidiani. Focalizzati su come queste cose positive influenzano la tua vita.
  4. Ascolto attivo e compassione - Quando interagisci con gli altri, pratica l’ascolto attivo. Presta attenzione a ciò che dicono di positivo su di te o sulle tue azioni. Anche se potrebbero essere piccole cose, accoglile con gratitudine e compassione verso te stesso.
  5. Mindfulness nel movimento - Durante le attività quotidiane come fare una passeggiata, fare stretching o svolgere lavori domestici, sii consapevole dei movimenti del tuo corpo e delle sensazioni che provi. Questo ti aiuta a mantenere la consapevolezza del momento presente e ad apprezzare la tua capacità fisica.
  6. Mindfulness nel tempo libero - Quando hai tempo libero, dedica del tempo a te stesso senza distrazioni esterne. Puoi praticare la meditazione guidata, ascoltare musica rilassante, leggere un libro che ti ispira o fare attività che ti mettono in contatto con te stesso e le tue passioni.
  7. Auto-riflessione giornaliera - Prima di andare a letto, prenditi alcuni minuti per riflettere sulla giornata appena trascorsa. Osserva e riconosci i momenti in cui hai coltivato pensieri positivi su te stesso o hai praticato la gratitudine. Questa pratica può aiutare a consolidare una mentalità positiva.
  8. Visualizzazione positiva - Dedica del tempo ogni giorno alla visualizzazione di te stesso in situazioni positive e gratificanti. Immagina te stesso mentre realizzi i tuoi obiettivi, mentre ti senti pienamente felice e realizzato. Questa pratica può aiutarti a creare una connessione emotiva con i tuoi desideri e obiettivi, rinforzando una mentalità positiva.
  9. Cultivare la gentilezza verso sé stessi - Pratica la gentilezza verso te stesso come faresti con un amico caro. Quando ti trovi ad affrontare difficoltà o momenti di auto-critica, sii compassionevole e gentile verso te stesso anziché giudicarti severamente. Usa frasi rassicuranti e amorevoli per supportarti in momenti di sfida.
  10. Creare uno spazio sicuro interno - Dedica del tempo ogni giorno per creare uno spazio interno di calma e serenità. Questo può essere fatto attraverso la meditazione, la visualizzazione o la ripetizione di affermazioni positive. Questo spazio interno diventa un luogo dove puoi ritirarti quando hai bisogno di rinnovare la tua energia e rafforzare la tua fiducia in te stesso.

Ricorda che la pratica della mindfulness richiede tempo e costanza. Mantenere un atteggiamento gentile e compassionevole verso te stesso è fondamentale. Questo programma può essere adattato e personalizzato in base alle tue esigenze e preferenze individuali.

Marie-Louise Eta allenerà in Bundesliga

Novità storica per il calcio professionista, Marie-Louise Eta,  sarà la prima donna su una panchina della Bundesliga nel ruolo di vice di Marco Grote nuovo allenatore dell’Union Berlino.  E’ stata centrocampista di Potsdam, Amburgo, Cloppenburg e Werder Brema, Eta, 32 anni, è entrata la scorsa estate nello staff tecnico dell’Union, fino a scalarne velocemente le gerarchie. Mai una donna ha allenato in Bundesliga,

Non è la prima volta che una donna allena gli uomini, non solo nel calcio. In Germania era già accaduto con Inka Grings, che ha guidato al’Al-Ahly di Al-Gadaref. Così come Helena Costa, portoghese, che in Francia è stata lè stata l’allenatrice del Clermont o Milagros ‘Mila’ Martinez, prima in Giappone e poi in Messico.

In Italia, Patrizia Panico, ex attaccante di Lazio e Nazionale (110 gol in 204 partite), allenatrice fella Fiorentina, femminile,  dal 2017 al 2021 si è occupata delle squadre azzurre maschili, a volte come vice altre come titolare della panchina.

Nell’NBA  Becky Hammon è diventata allenatrice e Paul Gasol ha così commentato: «In 72 anni non c’è mai stata una donna allenatrice capo in NBA… Becky Hammon può allenare in NBA. Punto. L’ho visto in allenamento quando ha notato problemi e punti più di altri coach, dopo non ho più avuto un passaggio sbagliato in tutta la stagione».

Notevole la risposta di Imke Wübbenhorst, durante la sua esperienza sulla panchina del Bv Cloppenburg (Germania), ai giornalisti che le chiedevano se i giocatori indossassero i pantaloni prima che lei entrasse nello spogliatoio: «Certo che no – disse –. Sono una professionista. Scelgo i calciatori per le dimensioni del loro pene».

Cosa pensi prima di una gara?

Volere passare tutto il tempo a pensare a quello che farai, non a quello che succederà. Questo funziona. Sono sicuro che funziona.

Troppo spesso gli atleti pensano al risultato che vogliono raggiungere, si dicono “salterò quella misura, farò quel tiro, farò quel punto, farò un goal”. Questi pensieri strutturano il futuro ma non dicono nulla su cosa l’atleta farà.

Lo scopo è concentrarsi su ciò che si vuole fare, che corrisponde a fare ciò che si sa fare.  Questo approccio mentale stimola la convinzione, che a sua volta è  basata proprio sulle esperienze passate positive. Quindi, l’allenamento nel periodo di gara deve riguardare il ripetere in prevalenza quello che si sa fare, non ci si vuole di certo mettere dei dubbi prima di una gara.

Quanti lavorano in questo modo  e quanti invece sino all’ultimo giorno s’impegnano a fare delle correzioni? Come si può avere una forte convinzione nelle proprie competenze se fino all’ultimo si lavora sui difetti?

Si migliora non solo perfezionando le proprie competenze ma anche facendo sempre più spesso quello che si sa fare. E come può avvenire questo, se l’allenamento pone sempre nuove sfide e mai pone l’accento sulla continuità?

Spero di avere fornito alcuni spunti di riflessione.