Archivio per la categoria 'Allenatori'

Pagina 23 di 206

Cos’è la pressione

Antonio Rüdiger: “Da dove vengo, la pressione non riguarda il calcio.

La pressione è non sapere cosa mangerai domani.

Intendo… pressione??? No, no, no.

Ogni volta che sento la minima pressione quando mi allaccio gli scarponi prima di una partita di calcio, penso a un ricordo specifico, e subito ritrovo la serenità.

La prima volta che sono tornato in Sierra Leone con i miei genitori dopo la guerra civile, eravamo in taxi dall’aeroporto, e ci siamo impantanati nel traffico. Eravamo lì, fermi, e guardavo fuori dal finestrino tutta la povertà e la fame. Uomini e donne vendevano frutta, acqua, vestiti e altre cose ai passeggeri in arrivo dall’aeroporto.

Ed è in quel momento che ho capito perché i miei genitori non chiamavano mai il nostro quartiere a Berlino “il ghetto”.

Dicevano sempre che era il paradiso in terra. E non è stato fino a quando sono andato in Sierra Leone che ho finalmente compreso il loro punto di vista, perché un uomo si avvicinò alla nostra macchina vendendo del pane e sembrava davvero disperato. Abbiamo detto: “No, va bene”.

Poi un altro uomo si avvicinò alla nostra macchina vendendo del pane e cercò di vendercelo con più insistenza, dicendo quanto fosse fresco.

“No, no, grazie”.

Poi un terzo uomo si avvicinò alla nostra macchina vendendo del pane e faceva davvero il massimo. Parlava di quanto fosse il miglior pane della città e pregava, per favore, per favore, di comprare il pane da lui.

Penso a questo ricordo quando comincio a sentire pressione a causa del calcio. Perché la verità è che tutti e tre quegli uomini vendevano lo stesso pane esatto, dalla stessa panetteria, alle stesse macchine.

Una di quelle famiglie avrebbe avuto un piatto di cibo sulla tavola.

Le altre due, forse no.

Questa è pressione. Questa è la vita reale.”

 

Sport, meditazione e concentrazione

Come insegnare a imparare dalle esperienze

Un insegnante può svolgere un ruolo fondamentale nell’insegnare ai suoi allievi come imparare dalle esperienze e dagli errori. Ecco alcune strategie che un insegnante può adottare:

  1. Costruire un ambiente accogliente - Gli studenti devono sentirsi al sicuro nel fare errori e nell’esplorare nuove idee. Un insegnante dovrebbe promuovere un ambiente in cui gli studenti non temano il giudizio o la punizione per gli errori.
  2. Incentiva la riflessione - Invita gli studenti a riflettere sulle loro esperienze e sui loro errori. Domande come “Cosa hai imparato da questa esperienza?” e “Cosa avresti potuto fare diversamente?” possono aiutarli a sviluppare la consapevolezza dei propri errori e dei modi per migliorare.
  3. Promuovi la mentalità di crescita - Insegna loro che l’errore non è un ostacolo, ma una parte normale del processo di apprendimento. La mentalità di crescita insegna che il miglioramento avviene attraverso il duro lavoro e la dedizione, e che i fallimenti sono opportunità per crescere.
  4. Fornisci feedback costruttivo - Offri feedback che siano specifici, obiettivi e orientati al miglioramento. Aiuta gli studenti a comprendere quali sono gli aspetti che devono migliorare e come farlo.
  5. Incoraggia l’esperimento - Invita gli studenti a sperimentare, a esplorare nuove idee e a prendere rischi calcolati. Questo promuove la creatività e l’apprendimento attraverso l’esperienza.
  6. Integra le storie di successo e insuccesso - Racconta storie di persone di successo che hanno affrontato sfide e fallimenti. Questo può ispirare gli studenti a perseverare e ad apprendere dalle loro esperienze.
  7. Insegna le strategie di risoluzione dei problemi: Fornisci strumenti e strategie ai tuoi studenti per affrontare i problemi e superare gli ostacoli. Questo può includere l’apprendimento di metodi per analizzare i problemi, pianificare soluzioni e valutare i risultati.
  8. Promuovi la responsabilità personale - Insegna loro che sono responsabili del proprio apprendimento e del loro sviluppo personale. La responsabilità personale li motiverà a imparare dagli errori e a cercare modi per migliorare.
  9. Coltiva la pazienza e la perseveranza - Aiuta gli studenti a sviluppare la pazienza e la perseveranza, incoraggiandoli a non arrendersi di fronte a ostacoli o errori, ma a perseverare nel loro impegno.
  10. Sostieni lo sviluppo dell’autostima - Aiuta gli studenti a sviluppare la loro autostima e benessere, in modo che si sentano abbastanza sicuri da sperimentare, fallire e imparare senza temere il giudizio degli altri.

Insegnare agli studenti a imparare dalle esperienze e dagli errori è un processo continuo che richiede pazienza e incoraggiamento costante da parte dell’insegnante. Tuttavia, queste abilità sono preziose per la crescita personale e l’apprendimento a lungo termine.

Il ruolo dell’intelligenza emotiva per atleti e atlete

L’intelligenza emotiva è altrettanto importante per gli atleti e le atlete quanto per gli allenatori. Ecco dieci ragioni per cui l’intelligenza emotiva è fondamentale per il successo nello sport:

  1. Gestione del Comportamento in Gara: L’auto-controllo emotivo è essenziale per evitare comportamenti impulsivi o reattivi che potrebbero compromettere le prestazioni durante una competizione.
  2. Resilienza: L’intelligenza emotiva aiuta gli atleti a recuperare rapidamente da sconfitte o momenti difficili, permettendo loro di mantenere la motivazione e la determinazione.
  3. Auto-motivazione: Gli atleti devono spesso trovare la motivazione interna per allenarsi duramente e perseguire i propri obiettivi. L’intelligenza emotiva li aiuta a mantenere alta la loro motivazione.
  4. Comunicazione con i Coetanei: Essere in grado di comunicare in modo efficace con compagni di squadra e avversari può migliorare le relazioni nello sport e prevenire conflitti.
  5. Empatia: Comprendere le emozioni degli altri atleti può migliorare la cooperazione e il sostegno reciproco tra i membri di una squadra.
  6. Gestione dello Stress: Lo stress è inevitabile nello sport. L’auto-controllo emotivo aiuta gli atleti a mantenere la calma sotto pressione.
  7. Focalizzazione: L’auto-consapevolezza emotiva aiuta gli atleti a rimanere concentrati sugli obiettivi, evitando distrazioni emotive inutili.
  8. Feedback: Essere in grado di accettare il feedback in modo costruttivo è fondamentale per il miglioramento personale e perfezionare le proprie abilità.
  9. Motivazione Intrapersonale: Capire le proprie emozioni e motivazioni interne aiuta gli atleti a stabilire obiettivi realistici e lavorare costantemente per raggiungerli.
  10. Teamwork: La collaborazione e la coesione sono importanti in molti sport di squadra. L’intelligenza emotiva aiuta gli atleti a lavorare bene insieme, sostenersi reciprocamente e gestire conflitti interni.

In sintesi, l’intelligenza emotiva è una risorsa preziosa per gli atleti, poiché li aiuta a gestire le proprie emozioni, a comunicare efficacemente con gli altri e a mantenere una mentalità positiva e focalizzata, il che può contribuire in modo significativo al loro successo nello sport.

Il ruolo dell’intelligenza emotiva per gli allenatori

L’intelligenza emotiva svolge un ruolo fondamentale per gli allenatori. L’intelligenza emotiva è la capacità di riconoscere, comprendere, gestire ed esprimere le proprie emozioni in modo sano ed efficace, nonché la capacità di farlo negli altri. Ecco come l’intelligenza emotiva può essere importante per gli allenatori:

Comunicazione efficace - Gli allenatori devono comunicare chiaramente e motivare i loro atleti. L’intelligenza emotiva li aiuta a cogliere le emozioni e i sentimenti delle persone con cui lavorano, consentendo loro di adattare la loro comunicazione in modo appropriato. Questo favorisce una maggiore comprensione e fiducia tra allenatore e atleta.

Gestione dello stress - Gli allenatori affrontano situazioni stressanti, come partite importanti o sfide professionali. L’intelligenza emotiva li aiuta a gestire il proprio stress in modo da rimanere calmi, concentrati e in grado di prendere decisioni importanti in momenti critici.

Empatia - E’ una componente chiave dell’intelligenza emotiva. Gli allenatori che dimostrano empatia affrontano meglio le sfide, le preoccupazioni e i bisogni dei loro atleti o clienti. Questo può contribuire a costruire relazioni più solide e aiutare gli atleti a raggiungere il loro potenziale.

Motivazione - Gli allenatori spesso devono motivare gli altri a raggiungere obiettivi personali o professionali. Comprendere le motivazioni intrinseche e le emozioni delle persone gli consente di sviluppare strategie motivazionali più efficaci.

Leadership - Gli allenatori ricoprono un ruolo di leadership. L’intelligenza emotiva li aiuta a guidare il loro team e a costruire un ambiente in cui gli atleti si sentono supportati e incoraggiati.

Gestione dei conflitti - L’intelligenza emotiva può aiutare gli allenatori a gestire i conflitti in modo costruttivo, riconoscendo le emozioni coinvolte nei conflitti e lavorando verso soluzioni che soddisfino le esigenze di tutte le parti coinvolte.

Adattabilità - Gli allenatori devono essere flessibili e adattabili alle diverse personalità, stili di apprendimento ed esigenze dei loro atleti. L’intelligenza emotiva li aiuta a riconoscere queste differenze e ad adattare le loro strategie di insegnamento.

Feedback costruttivo - Fornire e ricevere feedback è un aspetto cruciale dell’allenamento. L’intelligenza emotiva consente agli allenatori di fornire feedback in modo costruttivo, rispettando le emozioni degli altri e mantenendo una comunicazione aperta. Inoltre, sono in grado di ricevere feedback in modo non difensivo, il che contribuisce a migliorare le loro abilità.

Sostenibilità emotiva - Gli allenatori lavorano spesso con atleti o squadre in situazioni ad alta pressione. L’intelligenza emotiva li aiuta a gestire le proprie emozioni in modo da evitare l’usura emotiva e il burnout. Mantenere un buon equilibrio emotivo è essenziale per la durata della carriera di un allenatore.

Crescita personale e professionale - L’intelligenza emotiva favorisce la crescita personale e professionale degli allenatori. La consapevolezza emotiva e l’auto-regolazione consentono loro di identificare i loro punti di forza e di debolezza, cercare lo sviluppo personale e migliorare continuamente le proprie capacità di coaching.

In sintesi, l’intelligenza emotiva è cruciale per gli allenatori poiché consente loro di costruire relazioni più solide con gli individui che allenano, gestire situazioni stressanti e comunicare in modo efficace. Aiuta anche gli allenatori a motivare gli altri e a svolgere un ruolo di leadership efficace.

L’errore è non correggersi

La frase di Confucio (551 a.C.-479 a.C.): “Sbagliare e non correggersi, questo si chiama sbagliare” sottolinea l’importanza di imparare dagli errori e dalle esperienze sbagliate. In altre parole, commettere un errore iniziale non è necessariamente un problema, ma persistere nell’errore senza apportare correzioni o apprendere dalla situazione è ciò che rende l’errore un problema.

Ecco alcune ragioni su cui riflettere:

  1. Apprendimento - Gli errori sono spesso una parte naturale del processo di apprendimento. Quando commettiamo un errore, abbiamo l’opportunità di capire cosa è andato storto e come possiamo evitarlo in futuro. Ignorare l’errore o non cercare di correggerlo significa perdere l’opportunità di apprendere e migliorare.
  2. Crescita personale -  Superare gli errori e correggere il proprio comportamento o le proprie azioni è un segno di maturità e crescita personale. Significa essere in grado di riconoscere quando si è in errore e avere la volontà di fare meglio la prossima volta.
  3. Successo - Nel mondo professionale e personale, il successo spesso dipende dalla capacità di adattarsi, migliorare e correggere gli errori. Le persone che non riescono a farlo possono trovarsi in situazioni difficili o inaspettate che potrebbero essere state evitate con un cambiamento di comportamento o di approccio.
  4. Relazioni interpersonali - Nelle relazioni con gli altri, accettare di sbagliare e correggersi è fondamentale per mantenere la fiducia e motivazione. Nascondere gli errori o volere a ogni avere ragione può danneggiare le relazioni e portare a conflitti più gravi.

In breve, l’errore è un aspetto abituale della condizione umana, e ciò che conta è come affrontiamo e cosa impariamo dagli errori. Non correggersi e persistere negli errori può avere conseguenze negative, mentre riconoscerli e impegnarsi a migliorarsi è un passo importante verso il successo e la crescita personale.

10 cose che oggi sono vietate ai giovani

10 cose che non possono più i ragazzi di oggi che giocano a calcio (e non solo):

  1. giocare nel cortile di casa
  2. fare sport se non li accompagna qualcuno
  3. trovarsi ai giardini a giocare con gli amici
  4. non avere sempre i genitori che li guardano mentre fanno sport
  5. fare sport quando vogliono
  6. giocare senza preoccuparsi di quello che diranno gli adulti (allenatore e genitori)
  7. giocare, perchè ora si allenano
  8. giocare ore e ore e smettere quando lo decidono o diventa sera
  9. scegliere i compagni di squadra e essere scelti
  10. alternarsi a chi gioca in porta
Certamente il calcio non è l’unico sport e tutto quello che è stato descritto si può applicare a molte altre situazioni di gioco, che quando eravamo ragazzi potevamo fare. Oggi tutto questo è impossibile e crea la dipendenza dei giovani, bambini e adolescenti, dagli adulti e dalle organizzazioni che hanno messo in piedi per imprigionare il gioco.

 

 

 

La prevenzione positiva del disagio giovanile

Più di 20 anni fa Martin Seligman, padre della psicologia positiva, scrisse un articolo che è a pieno titolo attuale per il dibattito di questi mesi sul disagio giovanile. Le sue idee sono utili ancora oggi perchè presentano la questione del disagio psicologico al di fuori della dimensione psicopatologica. Ne riporto una breve sintesi, analizzando quella che chiama la prevenzione positiva.

Come possiamo prevenire in modo proattivo problemi come la depressione, l’abuso di sostanze o la schizofrenia nei giovani individui che potrebbero essere geneticamente predisposti o esposti a ambienti che favoriscono questi problemi? Come possiamo scoraggiare atti di violenza tra i giovani a scuola, o fra chi manca di una guida parentale adeguata? Negli ultimi 50 anni abbiamo imparato che il tradizionale modello di malattia non ci avvicina alla prevenzione di queste sfide. In effetti, il progresso più significativo nella prevenzione è emerso in gran parte da un approccio centrato sullo sviluppo sistematico della competenza piuttosto che sulla correzione delle carenze.

Abbiamo constatato che esistono qualità umane innate che fungono da scudi protettivi contro i disturbi mentali: il coraggio, la visione futura, l’ottimismo, l’abilità sociale, la fede, una solida etica del lavoro, la speranza, l’integrità, la determinazione, la capacità di raggiungere uno stato di flusso e acquisire intuizioni, per citarne alcune. Gran parte della missione nella prevenzione per il ventunesimo secolo dovrebbe ruotare attorno all’istituzione di una scienza della resilienza umana, con l’obiettivo di comprendere e promuovere queste virtù nei giovani.

Questa è quindi la prospettiva generale della Psicologia Positiva in merito alla prevenzione. Essa sostiene che esista un insieme di salvaguardie contro i disturbi psicologici: attributi umani positivi.

Dovremmo incoraggiare i professionisti a riconoscere che una parte significativa del loro lavoro efficace in terapia consiste nell’amplificare i punti di forza anziché correggere le debolezze dei loro clienti. Dobbiamo sottolineare che gli psicologi, quando lavorano con famiglie, scuole, comunità religiose e aziende, dovrebbero creare ambienti che nutrano questi punti di forza. Le teorie psicologiche prevalenti oggi sostengono una nuova scienza centrata sulla forza e la resilienza. Invece di vedere gli individui come entità passive che semplicemente “reagiscono” agli stimoli esterni, queste teorie li considerano ora come soggetti che decidono.

La scienza e le pratiche basate sul paradigma della Psicologia Positiva possono non solo prevenire direttamente molti disturbi emotivi significativi, ma anche portare due benefici aggiuntivi: migliorare il benessere fisico, data la crescente comprensione dell’impatto del benessere mentale sul corpo, e riallineare la psicologia in relazione a due sue missioni trascurate: rafforzare e aumentare la produttività delle persone e realizzare il potenziale di coloro con abilità eccezionali.

10 ragioni per cui un insegnante non è un addestratore

Ecco 10 ragioni per cui un insegnante di giovani non è un addestratore:

  1. Scopo educativo: Gli insegnanti di giovani hanno l’obiettivo principale di educare e istruire gli studenti, mentre gli addestratori si concentrano sulla preparazione specifica per determinate competenze o compiti.
  2. Contenuto ampio: Gli insegnanti solitamente coprono un’ampia varietà di materie e competenze, fornendo agli studenti una base di conoscenza generale. Gli addestratori, invece, si concentrano su conoscenze e competenze più specifiche e specializzate.
  3. Sviluppo a lungo termine: Gli insegnanti lavorano con gli studenti nel corso di un periodo prolungato, spesso anni, mentre gli addestratori mirano a preparare gli individui per una specifica attività o compito nel breve termine.
  4. Apprendimento critico: Gli insegnanti promuovono il pensiero critico, la riflessione e la comprensione approfondita delle materie insegnate, mentre gli addestratori si concentrano spesso sulla padronanza di abilità pratiche.
  5. Valutazione e valutazione: Gli insegnanti valutano gli studenti in base a standard accademici e utilizzano metodi di valutazione variabili, mentre gli addestratori spesso valutano in base a criteri specifici legati a una determinata competenza o professione.
  6. Curriculum standard: Gli insegnanti seguono spesso un curriculum standardizzato e devono rispettare linee guida educative nazionali o regionali. Gli addestratori possono adattare il loro programma di formazione in base alle esigenze specifiche dell’azienda o dell’individuo.
  7. Obiettivi educativi: Gli insegnanti mirano a far crescere gli studenti in modo completo, includendo aspetti sociali, emotivi e cognitivi. Gli addestratori spesso si concentrano esclusivamente sulla padronanza di competenze specifiche.
  8. Gruppo di età: Gli insegnanti lavorano con una varietà di fasce d’età, mentre gli addestratori tendono a concentrarsi su gruppi di persone con esigenze e livelli di esperienza simili.
  9. Approccio pedagogico: Gli insegnanti utilizzano strategie didattiche varie per soddisfare le esigenze degli studenti e promuovere l’apprendimento. Gli addestratori possono utilizzare metodi di formazione più pratici e diretti.
  10. Ruolo sociale: Gli insegnanti spesso svolgono un ruolo importante nella crescita e nello sviluppo generale degli studenti, influenzando aspetti come l’educazione civica e l’etica. Gli addestratori si concentrano sulla preparazione per un’attività specifica e possono non avere un ruolo sociale così ampio.

In sintesi, sebbene insegnanti e addestratori condividano alcune similitudini nella trasmissione di conoscenze e competenze, hanno scopi, obiettivi e approcci diversi che li distinguono. Gli insegnanti si concentrano sull’educazione generale e sullo sviluppo a lungo termine degli studenti, mentre gli addestratori si concentrano sulla preparazione specifica e sul raggiungimento di competenze pratiche in un breve periodo di tempo.

Addestratore o insegnante?

Tornando al ragionamento sul ruolo degli insegnanti, nello sport gli allenatori, l’esperienza mo ha insegnato che di solito non chiedono ai ragazzi/e che errore hanno commesso e come potrebbero evitarlo.

L’altro giorno ho chiesto a un tennista come faceva a sapere che era pronto a servire, la prima risposta è stata “boh!”. Seconda domanda. allora a cosa ti serve preparati a servire se dopo questa azioni non sai se sei pronto? Stessa risposta. La maggior parte delle volte, occupano il tempo a disposizione semplicemente perchè gli è stato detto di aspettare e di non servir subito. Se lasciati liberi di fare quello che vogliono, nessuno si prenderebbe un pausa tra un punto e l’altro perchè ne ignorano il significato, per la maggior parte è solo quel tempo che serve ad andare a raccogliere la pallina e ritornare sulla linea di fondo.

Quando lo fai notare ai saresti spesso ti dicono che gli hanno detto che dovrebbero prendersi del tempo per recuperare e magari pensare qualcosa, ma che i ragazzi poi non lo fanno.

La ragione per cui i ragazzi/e non seguono questi suggerimenti risiede nel fatto che nessuno li corregge se non seguono questa impostazione. Quindi, pensano che se questo loro atteggiamento non viene corretto vuol dire che non è importante, per cui nessuno si prepara a servire o rispondere in questa maniera.

In questo semplice modo gli allenatori del tennis ed esempi analoghi si possono trovare in ogni sport vengono meno al loro ruolo d’insegnante e si limitano al ruolo di addestratore tecnico.