Questo significa credere che l’impossibile è possibile.
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Una ricerca condotta da McKinsey&Company sui fattori di successo delle donne che ricoprono ruoli manageriali ha evidenziato che alla base del loro successo vi sono caratteristiche quali la resilienza, la grinta e la fiducia. Non deve stupire perché sono queste le caratteristiche di base di chi ha successo in qualsiasi settore, compreso lo sport. Partendo da queste caratteristiche si possono costruire grandi carriere nel business come nello sport o nell’arte. Senza di essere la strada sarà breve
“Molti programmi per le donne si sono concentrati sul creare e ampliare le reti. Sono investimenti importanti ma insufficienti. Le aziende dovrebbero anche trasmettere le capacità di cui le donne hanno bisogno per prosperare. Le più importanti sono la resilienza, grinta e la fiducia.
La resilienza è la capacità di recuperare rapidamente dalle difficoltà, una forma di tenacia. Grinta significa volontà, coraggio e forza di carattere. La fiducia è un livello di stima di sé derivante da un apprezzamento delle proprie capacità o qualità. In contesti aziendali, la resilienza permette di rialzarsi dopo aver commesso un errore o di ripartire per una sfida, la grinta ci permette di abbattere i muri ed emergere dalle le sfide, la fiducia aiuta a vivere le esperienze stimolanti in una condizione di maggiore sicurezza di sé e non insicurezza.
Nelle nostre 2.012 interviste con 250 donne dirigenti di alto livello, è emerso che secondo loro i migliori attributi del loro successo sono stati la resilienza e la grinta, che si è classificata superiore a fattori più evidenti, come ad esempio l’orientamento ai risultati”.
“Non ci siamo calati nei panni della partita. Pari utile almeno a riportarci coi piedi per terra” (Allegri, allenatore Juventus).
“Prima facevamo paura, eravamo più convinti” (Florenzi, calciatore Roma)
“La fiducia di Mancini è fondamentale per i miei compagni e per me. Lui mi dà motivazione ed entusiasmo ogni giorno” (Guarin, calciatore Inter).
Umiltà, convinzione e motivazione sono i concetti chiave espressi in queste frasi. Al di là della tecnica e del talento se in una squadra mancano queste qualità mentali tutto il resto vale meno che niente.
Alcuni atleti hanno reagito al blog che ho scritto sulla necessità di essere il primo tifoso di noi stessi, dicendo che è veramente difficile esserlo, poiché gli errori e le prestazioni negative mettono troppo duramente alla prova questa convinzione. Sono d’accordo e infatti considero la fiducia in se stessi un punto di arrivo di un processo di maturazione psicologica e non certo il punto di partenza. Ciò non toglie che bisogna fare di tutto per fare propria questa convinzione, senza la quale non è possibile sostenere il proprio impegno sportivo, scolastico o professionale. Chi vuole eccellere deve essere preparato a sostenere in modo convinto il proprio impegno attraverso qualsiasi tipo di difficoltà. In tal senso si può dire che impegnarsi molto deve essere uno stile di vita, non qualcosa da manifestare solo quando tutto va bene. Anzi bisogna sapere che bisogna essere preparati a dedicare più ore di quelle che all’inizio si erano programmate.
Ma quanto è difficile essere il primo tifoso di se stessi! Un atleta dovrebbe mostrare questa convinzione nei propri confronti e invece è una delle cose più difficili da fare. Alcuni esempi:
- Una ragazza mi dice “Ho fatto quattro gare quest’anno e nessuna è andata bene … allora smetto non serve nulla che continui a fare bene solo in allenamento”.
- Un ragazzo mi dice “stavo gareggiando bene poi ho pensato che non potevo continuare in questo modo e così ho sbagliato e non sono entrato in finale”.
- Un altro ragazzo ai campionati del mondo prima della finale “Questa volta devo prendere una medaglia”. E’ arrivato quarto.
- Una ragazza “questa volta ho perso male non ho creduto fino in fondo in me stessa”.
Ognuno di loro svolge l’attività di atleta in modo professionale, è la loro attività principale, è quella in cui vogliono realizzarsi nella vita. In queste occasioni non si sono dimostrati i migliori tifosi di se stessi. Lo sport agonistico richiede un elevato livello di fiducia in se stessi e l’incoscienza di sapere che la prossima volta andrà meglio di questa. Questa consapevolezza nasce dall’impegno profuso in allenamento, dal sapere che è vero che 1, 2, 3 0 più volte non andrà bene, ma non importa perché continuando in questo modo verranno anche i risultati. L’importante è continuare a sostenersi soprattutto quando le cose vanno male. In sintesi serve:
- impegno totale in allenamento
- sostegno totale in gara indipendentemente dai risultati
- aspettativa fiduciosa dei risultati
Le ultime due domeniche sono stato con ragazzi/e del tiro a volo di 16/19 e mi sono reso conto di quanto sia importante per loro anche in allenamento essere sostenuti da un umore sereno e tranquillo. Il tiro al piattello è un sport che richiede prima del tiro una condizione di concentrazione totale seguita subito dopo da una fase di distensione e di attesa di circa 40 secondi prima del tiro successivo e questa ituazione psicologica si ripete per 25 volte, che costituisce il numero di tiri da eseguire per ogni prova. La convizione di eseguire con efficacia la propria azione sportiva e di conseguenza di rompere il piattello, si basa su uno stato mentale di serenità che quando viene a mancare apre la strada a mille dubbi che ostacolano la prestazione. A questi giovani atleti viene, quindi, richiesto di mettersi per 25 volte in questo stato mentale e soprattutto dopo avere commesso un errore non è facile allontanare i pensieri critici che appaiono alla mente e rimettersi concentrati sul tiro successivo. Eseguire questo compito, di ritrovare rapidamente la serenità dopo un errore è un esercizio che educa la loro mente a reagire sempre in positivo, pena altrimenti la possibilità molto concreta di commetterne subito dopo un altro. Cosa che d’altro canto può accadere, poichè è impossibile non sbagliare. Quindi questo esercizio di rilassarsi e concentrarsi deve essere eseguito ogni volta, sapendo che in ogni caso qualche piattello non verrà ugualmente colpito, chi è più costante in questo esercizio migliorerà più rapidamente degli altri. Ci si allena così a mantenere un umore sereno e tranquillo nella consapevolezza che è alla base della convinzione di sapere affrontare il prossimo bersaglio.
Cesare Prandelli ha affermato, in un convegno dedicato all’attività giovanile nel calcio, che ”il vero problema non sono i bambini ma i genitori … Io i genitori ho provato ad allenarlì per otto mesi ma poi ho rinunciato: mettono troppe pressioni, quando invece bisogna sbagliare. Il bambino stesso è più attento a capire il proprio futuro, con l’assillo dei famigliari diventa tutto più difficile. E’ vero che nelle difficoltà si forma il carattere ma è anche vero che in tal modo è più dura emergere”. Purtroppo ha ragione e gli allenatori dei giovani sono tartassati da genitori che li accusano di non valorizzare i loro figli. Sappiamo che la fiducia in se stessi si sviluppa attraverso le reazioni che gli adulti hanno agli errori. Se l’adulto comunica: “va bene, continua a impegnarti” il giovane capirà che gli errori sono un evento normale e fisiologico dell’allenamento e che ciò che conta è perseverare nel mantenere l’impegno. Questo è l’approccio che si deve avere per imparare qualsiasi cosa, dalla matematica al calcio. I genitori dovrebbero mostrare questo atteggiamento nei riguardi di ogni compito dei loro figli. Molti genitori, invece, sono preda delle loro insicurezze e quindi vorrebbero realizzarsi magicamente attraverso i successi dei figli ma senza insegnare quale sia il percorso per raggiungerlo e senza dare loro il tempo di crescere. E quando dico successo, intendo il sentirsi coinvolti in un’attività per il solo piacere di farla e perchè ci si diverte.
Vincere è già abbastanza difficile quando credi in te
ma è impossibile quando cominci ad avere dei dubbi.
Nadal dice che il tennis è uno sport difficile e solitario in cui l’aspetto mentale è dominante su ogni altra cosa. E’ una descrizione di questo gioco, professione, che spiega in poche parole quanto sia difficile avere successo nel tennis e contiene in sé la ragione per cui in tanti partono ma pochissimi diventano giocatori di alto livello, entrando a fare parte dei primi 100 al mondo. Il tennis è uno sport che mette a dura prova la fiducia in se stessi, perchè al termine di ogni scambio di gioco uno perde e l’altro vince e questo si ripete per decine di volte, distanti pochi secondi l’una dall’altra. Sottoporre se stessi a questa sottile tortura è ciò che amano e odiano i tennisti, ma quando ci si trova dentro questo tritacarne di alti e bassi, che stimolano sentimenti contrastanti sono pochi quelli che resistono alla tentazione di mollare e mantengono alta la fiducia in se stessi.
Mai pensare che l’avversario è più forte, soprattutto se è vero. E’ come guidare con il freno tirato su una strada in salita. Lo faresti mai?