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Le capacità psicologiche sono idealizzate?

Hägglund, K., Wagstaff, C. R. D., Kenttä, G., & Thelwell, R. (2023). Starting a Conversation about Vulnerability in Elite SportJournal of Sport Psychology in Action15(1), 19–29.

Le capacità psicologiche sono idealizzate nello sport d’élite e contribuiscono alla presenza di stigma riguardo ai problemi di salute mentale e a una soglia elevata per la ricerca di aiuto. Recentemente, alcuni studiosi hanno sostenuto che il concetto di vulnerabilità ha il potenziale di sfidare il predominio della narrazione delle prestazioni nello sport.

In questo articolo, offriamo ai professionisti risorse innovative sotto forma di poesie e word cloud, basate su approfondimenti di allenatori di alto livello, per facilitare conversazioni sulla vulnerabilità nello sport.

Speriamo che i professionisti utilizzino queste risorse per stimolare la riflessione e il dialogo sulla vulnerabilità, il che potrebbe abbassare le soglie per la ricerca di aiuto e promuovere la sostenibilità nelle organizzazioni sportive.

Dalla accettazione della vulnerabilità nasce il coraggio

Vulnerabilità è un sostantivo, e viene definita come “la qualità o lo stato di essere esposti alla possibilità di essere attaccati o danneggiati, fisicamente o emotivamente”. In genere, la vulnerabilità è considerata una debolezza, non da ultimo nelle culture sportive. La letteratura sulla vulnerabilità nello sport è nascente. In confronto, il valore potenziale e l’approccio basato sulla forza della vulnerabilità hanno ricevuto un’attenzione virale al di fuori dello sport,  grazie al lavoro di Brené Brown. Nel suo libro Daring Greatly (Brown, 2012), la Brown sostiene che “la vulnerabilità è incertezza, rischio ed esposizione emotiva. La vulnerabilità è anche il luogo di nascita del coraggio, della creatività e del cambiamento”.

La Brown ha avuto il merito di aver portato il valore potenziale della vulnerabilità nel mondo accademico e nella consulenza. Quando si dice che partecipare a una competizione richiede di avere imparato  a trovarsi comodi in situazioni scomode, si esprime con altre parole che l’atleta vive una condizione di vulnerabilità e che attraverso la  performance deve trasformarla in una situazione in cui s’impegna nel fornire la migliore prestazione correndo il rischio di non riuscirci. Quindi, l’atleta si espone consapevolmente alla possibilità di essere danneggiato fisicamente e emotivamente, dalla propria autocritica negativa, dagli avversari e da tutto il suo mondo sportivo.

Quindi accettiamo di essere vulnerabili, accettiamo che ci stiamo esponendo alla possibilità di commettere degli errori che vorremmo evitare, che potremmo non riuscire a fornire la prestazione per cui ci siamo allenati. Ma se accettiamo di gareggiare saremo sempre dei vincenti, perchè avremo accettato di esporci pubblicamente e di essere stati coraggiosi proprio per avere presto questa decisione.

 

Sapere affrontare le incertezze

Lavorando con atleti mi rendo conto che spesso il loro limite principale consiste nel non sapere affrontare le incertezze, anzi sono proprio queste situazioni a evidenziare le nostre vulnerabilità. E allora si soffre pensando che il mondo c’è la con noi o anche che siamo persone insicure che non sanno trovare le soluzioni adatte.

Ambedue i casi rivelano che ci siamo messi in una situazione in cui continueremo a subire ciò che accade senza trovare alcuna forma di resilienza.

Anche l’allenamento spesso è una delle cause di questo modo di ragionare. Si passa molto tempo a migliorare la tecnica e molto poco tempo a insegnare come essere determinati. Si pensa molto al sapere fare la cosa giusta ma poco a sviluppare la determinazione ch poi si manifesta attraverso al tecnica.

Il risultato è che molti fanno le cose giuste nel momento sbagliato mentre altri le fanno in modo poco determinato. Il risultato non cambia ed è negativo.