L’Italia non è un paese per giovani neanche in quel particolare mondo del lavoro che è il calcio. Secondo i dati dell’ Associazione Italiana Calciatori nella stagione 1999-2000 i tesserati stranieri erano 249, nel 2002-2003, 535, nel 2007-2008, 846 (in serie A percentuale stranieri/italiani 38,72%), nel 2009-2010, 1032 (in Serie A percentuale stranieri/italiani 40,24%), nel 2011-2012 in A 47,82%, nel 2012-2013 in serie A 50,26% per un totale di 774 calciatori. Quindi per la prima volta più stranieri che italiani. In sostanza fra chi dopo tante selezioni potrebbe giocare in serie A solo uno su due potrà realizzare questo obiettivo, perchè l’escluso sarà rimpiazzato da uno straniero. E’ un altro esempio di una nazione che non investe sui giovani e che per forza di queste scelte è probabilmente destinata a fallire. Infatti, si può dire con certezza che dalla scuola al calcio non si mettono risorse umane, finanziarie e organizzative significative per invertire questa tendenza. Quale effetto psicologico determina questa cultura: anno dopo anno insegna che vi sono limiti insuperabili, che competenza professionale e volontà di riuscire non sono decisive, e che si è scelti sulla base di decisioni finanziarie che non hanno nulla a che vedere con il successo sportivo. Tanto è vero che i club pure imbottiti di stranieri non riescono più a vincere in nele coppe europee.
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Siamo alla fine del campionato e lo si nota anche dalle parole degli allenatori che sono sempre più di carattere assoluto: “Lo scudetto non deve sfuggirci”, “Nessuna tabella, pensiamo a vincere”,”Ora conta solo vincere”, “Parma battibile ma solo se siamo perfetti”. In ogni competizione giungono le fasi decisive e spesso in queste situazioni il linguaggio si semplifica ed esprime senza mezzi termini il risultato che si vuole raggiungere. Dal mio punto di vista condivido questi atteggiamenti degli allenatori, perchè vi sono momenti in cui le squadre e i singoli giocatori devono sentirsi totalmente responsabili del risultato della partita. In altre parole, devono giocare con la consapevolezza che c’è un solo risultato utile e per ottenerlo devono essere disposti a oltrepassare i loro limiti. Uscirà vittorioso chi saprà vivere appieno ogni istante della partita, senza lasciarsi influenzare da un eventuale parziale negativo.