Archivio per il tag 'Istat'

Futuro della popolazione: meno residenti, più anziani e famiglie più piccole

Le nuove previsioni sul futuro demografico del Paese, aggiornate al 2021, confermano la presenza di un potenziale quadro di crisi. La popolazione residente è in decrescita: da 59,2 milioni al 1° gennaio 2021 a 57,9 mln nel 2030, a 54,2 mln nel 2050 fino a 47,7 mln nel 2070.

Il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) passerà da circa tre a due nel 2021 a circa uno a uno nel 2050.

Sul territorio entro 10 anni in quattro Comuni su cinque è atteso un calo di popolazione, in nove su 10 nel caso di Comuni di zone rurali.

In crescita le famiglie ma con un numero medio di componenti sempre più piccolo. Meno coppie con figli, più coppie senza: entro il 2041 una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli, più di una su cinque non ne avrà.

Entro il 2050 gli over65 anni rappresenteranno il 34,9% della popolazione.

I giovani fino a 14 anni di età, rappresenteranno entro il 2050 l’11,7%.

Ci sarà un rapporto squilibrato tra over65 e ragazzi, in misura di circa tre a uno.

Un parziale riequilibrio nella struttura della popolazione potrebbe rivelarsi solo nel lungo termine, via via che le generazioni nate negli anni del baby boom tenderanno a estinguersi. In base allo scenario mediano, i 15-64enni potrebbero riportarsi al 54,3% entro il 2070 mentre gli over65 ridiscendere al 34,1%. Stabile, invece, la popolazione giovanile con un livello dell’11,6%.

Quanti sono gli italiani che leggono e chi sono?

I dati ISTAT del 2020 aiutano a costruire una fotografia della situazione.

  1. I lettori sono in calo dal 2010, nel 2020 solo il 41,4% della popolazione ha letto almeno un libro nell’ultimo anno.
  2. La popolazione femminile mostra una maggiore propensione alla lettura già a partire dai 6 anni di età: complessivamente il 47,1% delle donne, contro il 33,5% degli uomini, ha letto almeno un libro nel corso dell’anno.
  3. Leggono di più i giovani tra gli 11 e 14 anni (58,6%) rispetto a tutte le altre classi di età.
  4. Leggono di più le donne (46,4%) rispetto agli uomini (36,1%).
  5. Il pubblico più affezionato alla lettura è rappresentato dalle ragazze tra gli 11 e i 24 anni (oltre il 60% ha letto almeno un libro nell’anno). La quota di lettrici scende sotto la media nazionale dopo i 60 anni, mentre per i maschi è sempre inferiore al 50% tranne che per i ragazzi tra gli 11 e i 14 anni di poco superiore.
  6. La lettura è legata al livello di istruzione: legge il 72,8% dei laureati, il 49,1% dei diplomati e solo il 26,8% tra chi possiede la licenza elementare.
  7. Persistono i divari territoriali: legge meno di una persona su tre nelle regioni del Sud (29,2%) mentre in quelle del Nord-est si raggiunge la percentuale più elevata (44,3%) e nel Nord-ovest il 48,5 e il 44,3% nel Centro.
  8. Meno della metà dei lettori (44,6%) dichiara di aver letto al più tre libri nei 12 mesi precedenti l’intervista; sono i così detti “lettori deboli” tra i quali si ritrovano poco meno della metà dei lettori maschi (48,5%) e delle persone tra 11 e 14 anni (47,2%). Il 15,2% si annovera tra i “lettori forti” (con almeno 12 libri letti nell’ultimo anno). La maggiore propensione delle donne alla lettura si ritrova anche nell’intensità della lettura: il 16,7% dichiara di leggere in media un libro al mese contro il 13,3% degli uomini.
  9. Nel 2016 circa una famiglia su dieci non aveva alcun libro in casa, dato ormai costante da quasi un ventennio.
  10. Tra chi ha entrambi i genitori lettori è pari al 78,1% la quota di ragazzi di 6-18 anni che legge; si attesta al 64,5% se è solo la madre ad avere l’abitudine alla lettura e al 63,8% se è solo il padre. La percentuale di lettori di 6-18 anni scende, invece, al 36,3% se entrambi i genitori non sono lettori di libri.

Sport e disabilità: un incontro molto difficile

Inizia una nuova stagione sportiva ancora in mezzo all restrizioni dovute al COVID-19. Le persone con disabilità rispetto a quelle con sviluppo tipico incontreranno maggiori problemi nel seguire programmi sportivi e di attività motoria.
Resta comunque molto basso il numero di praticanti con disabilità come è bene ricordare riportando nuovamente a distanza di un anno il rapporto Istat del 2019 – Conoscere il mondo della disabilità, persone, relazioni e istituzioni
In sintesi alcuni dati, impressionanti per la loro negatività
  • il 9,1% delle persone con gravi limitazioni praticano attività sportiva (con continuità o saltuariamente)
  • In Italia su 10 persone con limitazioni gravi, 8 dichiarano di essere completamente inattive, contro il 34,1% registrato presso la popolazione senza limitazioni
  • Differenze di genere: 13,7 % degli uomini, ma solo il 6,0% delle donne, invece il 20,7% di persone disabili praticano sport con un età inferiore ai 65 anni, contro il 2,7% degli anziani.

 

 

 

Gli italiani e lo sport: Rapporto Istat

  • 20 milioni gli italiani che praticano attività sportiva.
  • 23 milioni i sedentari, soprattutto anziani.
  • Fra i praticanti, il 24,4% lo fa in modo assiduo e il 9,8% saltuariamente.
  • La mancanza di tempo è la “scusa” più usata da chi non frequenta piscine o palestre, ma ci sono anche motivi di salute o di scarso interesse fra le varie giustificazioni da utilizzare.
  • Il 26,5% delle persone che preferisce fare movimento attraverso lunghe passeggiate a piedi o in bicicletta.
  • Tra gli uomini il 29,5% fa sport con continuità e l’11,7% di tanto in tanto.
  • Per le donne le percentuali sono più basse, rispettivamente 19,6% e 8,1%.
  • La pratica sportiva continuativa cresce nel tempo per entrambi i generi e in tutte le età: dal 15,9% del 1995 al 22,4% nel 2010 fino al 24,5% nel 2015.

 

  • Lo sport è soprattutto dei ragazzi di 11-14 anni (70,3%, di cui il 61% in modo continuativo e il 9,3% in modo saltuario)
  • I praticanti sono di più nel Nord-est (40,4%), seguono Nord-ovest (39,5%), Centro (35,3%), Sud e Isole (26,2%).
  • Pratica sport il 51,4% dei laureati, il 36,8% dei diplomati, il 21,2% di chi ha un diploma di scuola media inferiore e solo il 7,3% di chi ha conseguito la licenza elementare o non ha titoli di studio.
  • Gli sport: ginnastica, aerobica, fitness e cultura fisica (25,2% degli sportivi, pari a 5 milioni 97 mila persone) sono le discipline più scelte, seguite da calcio (23%, 4 milioni 642 mila persone) e sport acquatici (21,1%, 4 milioni 265 mila persone).
  • I sedentari, oltre 23 milioni (39,1% della popolazione), aumentano con l’eta’ fino ad arrivare a quasi la meta’ della popolazione di 65 anni e piu’.

I terribili numeri dello sport italiano: Vince la sedentarietà!

I numeri dell’indagine sulla pratica sportiva in Italia presentati da Coni e Istat, dimostrano purtroppo che i sedentari continuano a essere troppi e che la percentuale degli attivi non mostra significativi miglioramenti in tutte le fasce di età rispetto al passato.

In Italia:

  • 25% popolazione pratica sport in modo continuativo
  • 9,7% talvolta
  • 25% qualche attività fisica
  • 39,2 sono i sedentari
  • 30,5% popolazione attiva nel NordEst
  • 17,5% popolazione attiva nel Sud
  • 52,7% degli abitanti del Sud sono sedentari
  • 5,7% del tempo libero della popolazione tra 3-24 anni è dedicato allo sport per 2h13m per settimana
  • dal 2000 al 2016 la % di praticanti in modo continuativo è aumentata dell’7%
  • dal 2013 al 2016 l’incremento è del 3%
Non si può certo essere soddisfatti di questi dati che continuano a evidenziare un Italia spaccata in due in termini di pratica sportiva e in cui negli ultimi 18 anni l’incremento è stato veramente ridotto (8%). Questo evidenzia la carenza di politiche nazionali per lo sviluppo di uno stile di vita fisicamente attivo. Lo sport e l’attività fisica continuano a essere considerate come attività del tempo libero e non come fattori primari per lo sviluppo del benessere individuale e sociale. D’altra parte questi dati sono stati presentati senza che le principali organizzazioni sportive abbiano denunciato la loro gravità e l’influenza nefasta che producono sulla salute dei cittadini.

Gli sportivi in Italia non crescono: sono il 33%

Da 10 anni il numero di persone che in Italia praticano sport non cresce e continua a essere tra i più bassi in Europa. Non è solo una questione economica, manca un’adeguata cultura dello sport e del valore del movimento.

Persone di 3 anni e più che praticano sport, qualche attività fisica e persone sedentarie per Regione Anno 2015 (valori percentuali)

 

REGIONI
RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE
Praticano
sport
di cui in modo: Praticano
solo qualche
attività fisica
Non praticano
sport né
attività fisica
continuativo saltuario
Piemonte 35,8 24,7 11,2 33,8 30,0
Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 45,0 31,5 13,5 30,0 24,5
Liguria 32,7 24,1 8,6 30,8 36,2
Lombardia 40,7 28,5 12,2 27,2 31,4
Trentino-Alto Adige/Südtirol 50,9 34,0 16,9 35,4 13,5
Bolzano/Bozen 56,6 36,2 20,4 32,1 10,8
Trento 45,4 31,9 13,5 38,6 16,0
Veneto 40,3 27,9 12,4 32,6 27,0
Friuli-Venezia Giulia 38,5 28,1 10,4 31,6 29,8
Emilia-Romagna 36,0 25,7 10,3 31,7 31,9
Toscana 34,9 25,0 9,9 31,1 33,6
Umbria 31,6 23,0 8,6 28,0 40,0
Marche 35,6 26,5 9,1 27,6 36,4
Lazio 34,8 27,3 7,5 20,6 43,9
Abruzzo 31,7 21,8 9,9 25,7 42,5
Molise 25,4 19,2 6,2 19,0 55,1
Campania 19,5 13,0 6,5 23,1 57,2
Puglia 27,4 19,4 8,0 21,2 51,1
Basilicata 23,9 18,2 5,7 24,0 51,7
Calabria 24,5 17,9 6,6 18,4 56,7
Sicilia 24,4 18,0 6,4 17,5 57,3
Sardegna 34,0 24,6 9,4 29,3 36,3
Nord-ovest 38,6 27,0 11,6 29,4 31,5
Nord-est 39,4 27,7 11,8 32,4 28,0
Centro 34,7 26,2 8,5 25,3 39,5
Centro-Nord 37,7 27,0 10,7 29,0 32,9
Mezzogiorno 24,9 17,7 7,2 21,5 53,2
Italia 33,3 23,8 9,5 26,5 39,9
Fonte: Istat, Indagine multiscopo sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana”

Il disastro della sedentarietà italiana

Lo sport per tutti in Italia è considerato come l’ora d’aria per i carcerati, per scaricare un po’ delle frustrazioni che ci affliggono. Per cui a scuola non si va oltre le due ore settimanali e l’insegnante di educazione fisica è il meno considerato nei consigli di classe. Per fortuna ci sono i genitori che sono disposti a pagare affinché i loro figli pratichino sport presso una società sportiva. Non parliamo poi degli adulti verso i quali non è mai stata fatta alcuna politica per avvicinarli a un approccio attivo all’attività fisica. E’ uno discorso ormai vecchio e ripetitivo che è ritornato alla ribalta al convegno organizzato dal Coni e Istat sul tema “Lo Sport in Italia – Numeri e Contesto 2014”. E’ emerso che i sedentari sono oltre 24 milioni, pari a quasi il 42% della italiani. Percentuale che è un Everest al Sud, 56,2%,  mentre al Nord scende al 31,7% e al Centro al 41%.  Per capire la drammaticità di questi dati, basta ricordare che in Europa i paesi con maggiori praticanti sono, secondo l’indagine Eurobarometro sullo sport e l’attività fisica  quelli del Nord-Europa: la Svezia dove il 70% delle persone dichiara di fare ginnastica o sport almeno una volta a settimana, superando di poco la Danimarca (68%) e la Finlandia (66%) seguita dai Paesi Bassi (58%) e dal Lussemburgo (54%). All’estremità negativa della graduatoria, ci sono la Bulgaria, Malta, il Portogallo, la Romania e l’Italia. Anche se lo sport, inteso come stile di vita fisicamente attivo, non è parte dell’agenda politica si deve però passare dalla semplice denuncia a proposte concrete. Ne evidenzio qualcuna fra quelle formulate negli USA da 50 associazioni scientifiche, accademiche e professionali che hanno inviato una lettera a Barack Obama per sostenere l’urgenza di interventi in questo campo per prevenire il diabete, l’obesità, i problemi cardiocircolatori e alle ossa e altre condizioni croniche. La lettera prende in considerazione alcune questioni strategiche quali:

  • Programmi di educazione pubblica per assicurare che vengano compresi i benefici di stile di vita salutari e come utilizzare le opzioni che gli vengono proposte.
  • Educazione professionale, in modo che i professionisti della salute considerino l’attività fisica come un segno vitale alla stregua dei livelli pressione del sangue e del colesterolo, così da essere monitorati e tracciati con regolarità.
  • Electronic Medical Records che includano i campi dell’attività fisica così da potere facilmente iniziare a registrare l’esercizio fisico come segno vitale.
  • Curricula della scuola medica che forniscano a tutti i medici un’adeguata conoscenza di come parlare con i pazienti in relazione a uno stile di vita salutare.
  • Incremento delle opportunità offerte alla popolazione di praticare esercizi e attività fisica, con particolare riguardo alle disuguaglianze e altre barriere.

Italiani più sedentari e meno attivi

Italiani popolo di santi, poeti e navigatori, ma non di lettori e anche gli sportivi scarseggiano: basti pensare che solo 1 su 3 pratica sport. Secondo il rapporto “Noi Italia” dell’Istat anche il numero dei sedentari rimane alto, circa il 40%. Che cosa c’è dietro questi dati e come leggerli? Lo abbiamo chiesto ad Antonio Mussino, professore di statistica dell’Università di Roma La Sapienza.

“L’Istat definisce quattro gruppi: chi pratica sport con continuità; chi pratica sport in modo saltuario; chi svolge una qualche forma di attività fisica; chi non fa nessuna di queste attività e, pertanto, può essere definito sedentario. La classificazione che noi proponiamo è più semplice: gli sportivi, ossia coloro che dichiarano di praticare con continuità uno sport; gli attivi, ossia coloro che praticano in modo saltuario e coloro che comunque hanno uno stile di vita attivo perché praticano un’attività fisica; i sedentari, ossia i non attivi”.

“Cominciamo dagli sportivi, per il quali la tendenza è di una leggera crescita, avendo ormai stabilmente, se pur di poco, superato la soglia del 20% (mentre prima del 2002 eravamo sotto); questo risultato, che va in controtendenza rispetto alle varie crisi economiche che si stanno succedendo dall’inizio del nuovo millennio, è spiegabile col fattore culturale, dato che chi ha scelto una pratica sportiva continuativa la considera una componente inderogabile del proprio stile di vita ed è disposto a fare sacrifici per perseguire il suo obiettivo. Il fattore demografico, ovvero il costante invecchiamento della popolazione, se da un lato porta a un calo della percentuale di sportivi, poiché i tassi di partecipazione diminuiscono al crescere dell’età, dall’altro vede una ripresa della pratica continuativa nelle età mature e dopo il pensionamento da parte di generazioni di anziani. Questa categoria ha una ancor buona qualità della vita, molto tempo libero e un approccio culturale favorevole ad uno stile di vita sportivo. Non a caso, a fronte di un calo di sportivi in quasi tutte le fasce d’età dal 2010 al 2011, in quella dai 60 ai 64 anni c’è stato, invece, un incremento di ben un punto percentuale (dal 13,1% al 14,1%)”.

“Passiamo ai sedentari e agli attivi – conclude Mussino – che sono complementari, data la stazionarietà degli sportivi: l’onda lunga degli anni ’80 con la sempre maggiore diffusione di stili di vita attiva sembra essere entrata in crisi all’inizio del nuovo millennio, probabilmente per le difficoltà economiche legate all’entrata in vigore dell’euro. Da allora il sorpasso dei sedentari sugli attivi si è consolidato, salvo il caso del 2010, che aveva fatto pensare a una inversione di tendenza. Anche in questo caso è, probabilmente, il fattore economico ad aver provocato il controsorpasso, anche perché non si può attribuirne la responsabilità al fattore demografico, visto che i sedentari aumentano tra i giovani e i giovanissimi, in particolare tra i bambini dai 6 ai 10 anni di quasi due punti percentuali (dal 22,4% al 24,3%).
Fonte: Uispress