Questo breve articolo nasce dall’esigenza di fare conoscere anche ad allenatori, preparatori fisici, medici e psicologi dello sport quali sono le linee guida per lo sviluppo a lungo termine dell’atleta e in che modo l’allenatore possa guidare questo processo attraverso la stimolazione della motivazione degli atleti.
Introduzione
Lo sport ha conosciuto in questi ultimi 30 anni uno sviluppo incredibile, che si è manifestato attraverso:
- Il coinvolgimento di milioni di giovani
- La creazione di migliaia di nuove società sportive e di operatori del settore
- L’incremento della produzione scientifica in questo ambito
- La ricerca di nuovi e più adeguati programmi di allenamento per l’infanzia e l’adolescenza
- La monetizzazione dell’attività sportiva giovanile
- La scomparsa del gioco-sport organizzato liberamente dai giovani
- La totale dominanza degli adulti nell’organizzazione dello sport
- La ricerca sempre più precoce del talento sportivo
- La presenza significativa dei genitori nella formazione sportiva dei loro figli
- La diffusione dello sport fra i giovani con disabilità fisica e intellettiva
Nonostante questo grande sviluppo nel mondo dello sport sono presenti molti problemi che limitano lo sviluppo sportivo dei giovani, nonché sono causa dell’abbandono che si manifesta a partire dai 14 anni e che è particolarmente grave nelle ragazze. Le difficoltà esistenti nello sport sono state così identificate:
- Imposizione di programmi per adulti ai bambini,
- Imposizione di programmi maschili alle ragazze,
- Programmi di allenamento maggiormente basati sul risultato (vincere) piuttosto che sul processo (allenamento),
- Gli allenatori migliori si dedicano allo sport agonistico e di livello assoluto,
- I programmi non prendono in considerazione lo sviluppo biologico e i processi mentali dei giovani,
- Il ruolo dei genitori è male definito,
- Le competenze psicologiche non sono integrate nel processo di allenamento,
- Avviamento precoce alla pratica di un solo sport,
- Competizione fra le organizzazioni sportive per accaparrarsi i giovani,
- Disinteresse nei confronti dei giovani adolescenti che non sono interessati all’attività agonistica.
Sulla base di queste considerazioni è necessario che le organizzazioni sportive s’impegnino nel coinvolgere i giovani in un programma sportivo che fornisca loro l’opportunità di:
- sviluppare e mantenere permanente nel tempo uno stile di vita fisicamente attivo,
- sviluppare il loro potenziale sportivo.
A completamento della pratica sportiva, uno degli elementi più importanti per lo sviluppo dei giovani consiste nel fornire occasioni e ragioni per sviluppare il loro senso di appartenenza, non solo nei riguardi della società sportiva ma anche della comunità più ampia in cui agiscono quotidianamente e che comprende la scuola, i genitori e gli amici.
Pertanto deve essere posto in primo piano non solo lo sviluppo sportivo, anche la realizzazione di quella rete sociale di cui i giovani fanno parte; composta in prevalenza da adulti (genitori, insegnanti e allenatori) che abitualmente non dialogano tra loro se non nelle modalità più istituzionali.
L’allenamento sportivo
Nel corso di questi ultimi 40 anni sono stati proposti diversi modelli per tentare d’identificare il talento sportivo ma anche strategie per incrementare la partecipazione allo sport nei giovani e per ridurne l’abbandono precoce.
Ciò nonostante a partire dalla metà degli anni ’80 vi sono stati alcuni significativi cambiamenti nell’affrontare la questione del talento e più in generale la questione dello sviluppo dell’atleta. Tali modificazioni sono state attribuite principalmente a tre aspetti:
- La difficoltà nel condurre progetti di ricerca necessariamente ampi e molto articolati per identificare il talento ma che nel contempo non avevano soddisfatto le aspettative che si erano create nel decennio precedente. Dal “Simposio sui problemi del talento nello sport” (Bartmus et al., 1987), venne suggerita l’idea che la ricerca avrebbe dovuto spostarsi dal concetto di scoperta del talento a quello di guida del talento e sviluppo di ciò che si poteva chiamare sorveglianza del talento.
- La valorizzazione di approcci olistici e non tradizionali al fine di arricchire quanto era stato sinora riscontrato tramite i metodi scientifici più ortodossi. Nella psicologia dello sport Martens (1987) sostenne che dall’ambito della conoscenza esperienziale degli atleti potevano emergere molte informazioni utili per gli allenatori e che questa poteva essere indagata con sistemi idiografici e studi sul campo.
- I risultati derivati dall’analisi dell’evoluzione della carriera di un gruppo di 120 talenti praticanti differenti attività dimostrò come era possibile servirsi di altri modelli, molto diversi da quelli sino ad ora prospettati (Bloom, 1985) e ciò in sintonia con quanto sostenuto da Martens per comprendere come si costruisce la maestria nelle scienze, nelle arti, nello sport e nella musica.
Allo scopo di raggiungere questi obiettivi alcuni fra i Comitati Olimpici più importanti (e.g., USA, Canada, Regno Unito) hanno condotto indagini e adottato programmi che si sono basati e continuano tuttora a fondarsi su un approccio denominato “Modello dello Sviluppo a Lungo Termine dell’Atleta” sviluppato da Istvan Balyi e altri colleghi. Il modello è rivolto a tutti coloro che vogliono fare sport e propone un approccio a lungo termine che se non viene sviluppato rappresenta una forte limitazione allo sviluppo sportivo e incrementa la probabilità di un abbandono precoce, che può rappresentare il primo gradino di una carriera da sedentario.
Il modello si basa sulle ricerche condotte nell’identificazione di come si sviluppa l’expertise nei contesti sportivi. Questi studi hanno evidenziato che sono necessari dai 10 ai 12 anni di allenamento per raggiungere livelli di eccellenza. Questo dato è stato denominato la legge dei 10 anni o delle 10.000 ore. Per atleti, allenatori e genitori questo consiste in un periodo di allenamento giornaliero di circa quattro ore per un lungo periodo di anni. Questa impostazione contrasta l’idea, purtroppo diffusa, degli adulti coinvolti nello sport che vogliono fare raggiungere livelli di competenza elevati in tempi molto più brevi, mentre è noto che è richiesto un impegno a lungo termine per ottenere risultati di valore. In altri termini non esistono scorciatoie per avere successo nello sport.
Il modello costituisce un approccio di sviluppo dello sport centrato sull’atleta e sui suoi processi di sviluppo, proponendo un approccio il più possibile individualizzato dei giovani sportivi e centrato sulla loro età biologica e non su quella cronologica. Un esempio di questa impostazione viene fornita da una pubblicazione della Federazione Badminton inglese laddove dice:
“Il modello LTAD offre molto di più di programma di sviluppo del talento… stabilisce un insieme di abilità motorie che permetteranno a tutti i bambini di sviluppare un senso di riuscita, dando a quegli atleti che non raggiungeranno l’alto livello una direzione per il loro sviluppo nello sport. L’acquisizione di abilità trasferibili permetterà ai bambini di diventare competenti in un certo numero di sport e pertanto aumenta la probabilità che continuino a svolgere attività fisica durante l’arco della loro vita, incrementando la longevità e la qualità della vita.” (Badminton, England, 2005).
Analogamente il Canadian Sport Centres (2006) scrive:
“ LTAD è un veicolo di cambiamento. Differisce dagli altri modelli di sviluppo dell’atleta poiché riconosce che l’educazione fisica, lo sport a scuola, lo sport competitivo e le attività ricreative sono reciprocamente interdipendenti. LTAD è in aperto contrasto con il sistema sportivo canadese vigente. Tradizionalmente l’educazione fisica nella scuola, lo sport ricreativo e lo sport di elite si sviluppano in maniera separata. Questo approccio è costoso e non efficace. Fallisce nell’assicurare che a tutti i bambini, includendo anche coloro che potrebbero scegliere di diventare atleti di elite, sia dato un solido fondamento e una conoscenza di base – fisica, tecnica, tattica e mentale – su cui costruire le loro abilità sportive.
Questo approccio si basa sul lavoro condotto da Istvan Balyi si articola in sei fasi all’interno delle quali i giovani svolgono attività volte a svilupparne appieno il potenziale. Il modello di sviluppo a lungo termine dell’atleta (LTAD) è un approccio centrato sull’atleta ed è costruito sulla base delle conoscenze sulla crescita umana e sullo sviluppo. Tutti i giovani seguono le stesse fasi di crescita dall’infanzia all’adolescenza e da questa all’età adulta, sebbene vi siano differenze significative nel tempo e nell’ampiezza dei cambiamenti che avvengono. L’LTAD sottolinea la necessità di un approccio individualizzato nello sviluppo dei giovani e centrato sulla maturazione biologica e non sull’età cronologica. Il modello permette inoltre agli allenatori di ottimizzare i “periodi critici” di adattamento dell’atleta. L’LTAD ha definito un certo numero di fasi durante le quali i giovani vengono esposti a determinati stimoli allo scopo di produrre il massimo del risultato. Sono state, pertanto, identificate sei fasi, ognuna delle quali ha l’obiettivo di permettere all’atleta di sviluppare abilità semplici e via-via sempre più complesse.
Sport training
Over the past 40 years various models have been proposed to attempt to identify sporting talent but also strategies to increase participation in sport in young people and to reduce early dropout.
Nevertheless, since the mid-1980s there have been some significant changes in addressing the issue of talent and more generally the issue of athlete development. These changes have been attributed mainly to three aspects:
The difficulty in conducting necessarily large and highly articulated research projects to identify talent but at the same time had not met the expectations that had been created in the previous decade. From the “Symposium on the Problems of Talent in Sport” (Bartmus et al., 1987), the idea was suggested that research should have shifted from the concept of talent discovery to that of talent guidance and development of what could be called talent surveillance.
The enhancement of holistic and nontraditional approaches in order to enrich what had hitherto been found through the more orthodox scientific methods. In sport psychology Martens (1987) argued that much useful information for coaches could emerge from the domain of athletes’ experiential knowledge and that this could be investigated with idiographic systems and field studies.
The results derived from the analysis of the career development of a group of 120 talents practicing different activities showed how it was possible to make use of other models, very different from those hitherto envisaged (Bloom, 1985) and this in keeping with what Martens advocated for understanding how mastery is constructed in the sciences, arts, sports and music.
In order to achieve these goals, some of the most prominent Olympic Committees (e.g., USA, Canada, UK) have conducted surveys and adopted programs that have been based and still continue to be based on an approach called the “Athlete’s Long-Term Development Model” developed by Istvan Balyi[1] and other colleagues. The model is aimed at all those who want to play sports and proposes a long-term approach that if not developed is a major limitation to athletic development and increases the likelihood of early dropout, which can be the first step in a sedentary career.
The model is based on research conducted in identifying how expertise is developed in sport settings. These studies have shown that it takes 10 to 12 years of training to reach levels of excellence. This figure has been called the 10-year or 10,000-hour law. For athletes, coaches and parents, this consists of a daily training period of about four hours over a long period of years. This approach counteracts the unfortunately widespread idea of adults involved in sports that they want to have high levels of competence achieved in a much shorter time, whereas it is well known that a long-term commitment is required to achieve valuable results. In other words, there are no shortcuts to success in sports.
The model constitutes a sports development approach centered on the athlete and his or her developmental processes, proposing as individualized an approach as possible of young sportsmen and women and centered on their biological rather than chronological age. An example of this approach is provided by a publication of the British Badminton Federation where it states:
“The LTAD model offers much more than talent development program…it establishes a set of motor skills that will enable all children to develop a sense of achievement, giving those athletes who will not reach the high level a direction for their development in sport. The acquisition of transferable skills will enable children to become proficient in a number of sports and therefore increases the likelihood that they will continue to engage in physical activity throughout their lives, increasing longevity and quality of life.” (Badminton, England, 2005).
Similarly, Canadian Sport Centres (2006) writes:
” LTAD is a vehicle for change. It differs from other models of athlete development because it recognizes that physical education, school sport, competitive sport, and recreation are mutually interdependent. LTAD is in open contrast to the current Canadian sports system. Traditionally, school physical education, recreational sport, and elite sport have developed separately. This approach is expensive and ineffective. It fails to ensure that all children, including those who might choose to become elite athletes, are given a solid foundation and knowledge base-physical, technical, tactical, and mental-on which to build their sports skills.
This approach is based on the work led by Istvan Balyi consists of six phases within which young people engage in activities designed to develop their full potential. The long-term athlete development model (LTAD) is an athlete-centered approach and is built on knowledge about human growth and development. All young people follow the same stages of growth from childhood to adolescence and from adolescence to adulthood, although there are significant differences in the time and magnitude of changes that occur. The LTAD emphasizes the need for an individualized approach in youth development and centered on biological maturation, not chronological age. The model also allows coaches to optimize “critical periods” of athlete adaptation. The LTAD defined a number of phases during which youth are exposed to certain stimuli in order to produce maximum results. Six phases have, therefore, been identified, each of which aims to enable the athlete to develop simple and gradually more complex skills.