Esempio di modestia argentina
Archivio per il tag 'Messi'
Il derby che divide una città e di cui si parla da settimane prima che venga giocato non si svolge in un Europa ma in Argentina, a Rosario dove la città è divisa fra i tifosi del Central, le canaglie, e quelli del Newell’s Old Boys, i lebbrosi. La squadra per cui tifava Che Guevara contro quella in cui giocava da bambino Messi. A Rosario si dice che “o sei un tifoso del Central o sei un tifoso del Newell’s oppure non sei niente”.
(per sapere di + laRepubblica)
Desmond Morris, zoologo, ha scritto (La tribù del calcio, 1982) che “Una delle qualità che rendono i goal importanti è la loro rarità … ogni squadra ha poco più di un migliaio di contatti con la palla per partita. Il che significa che un giocatore che colpisce la palla ha meno di una possibilità su mille segnare … E non c’è da stupirsi se quel raro esemplare che è il goleador o cannoniere venga elevato, nel folklore tribale, al piedistallo di un vero eroe e diventa peri suoi seguaci una specie di divinità da idolatrare e adorare. Non c’è dubbio che il più grande eroe dei tempi moderni sia stato l’attaccante brasiliano Edson Arantes do Nascimento, famoso in tutto il mondo con il soprannome di Pelé. Nel corso della sua carriera segnò 1363 goal, un totale mai raggiunto da altri giocatori moderni.”
Pelè come Maradona e Messi sono le eccezioni che hanno reso e rendono apparentemente facile e frequente segnare una rete. Il goal, invece, resta ancora oggi un evento raro. Si basa sull’abilità dei giocatori a crearsi delle occasioni da goal ma anche sullo sfruttare gli errori in fase difensiva degli avversari. Un errore nel calcio può volere dire nulla perchè servono centinaia tocchi di palla perchè uno di questi si trasformi in un tiro vincente, ma allo stesso modo ogni errore può essere fatale poichè il goal può arrivare in quasiasi momento. Bisogna essere consapevoli di questa apparente contraddizione per evitare di affermare dopo avere subito un goal “abbiamo commesso solo un errore e subito l’abbiamo pagato caro, che sfortuna!”
Il calcio, nonostante tutto quello che viene fatto per farlo diventare altro, continua a essere uno sport e le partite come le ultime due di Champions dimostrano che le squadre date per sfavorite possono ribaltare questa aspettativa e vincere meritatamente. Dimostrano che anche i campioni più importanti (Ronaldo e Messi) sbagliano rigori decisivi che avrebbero cambiato il risultato. Nessuno, neanche loro, si è sottratto all’influenza che lo stress agonistico gioca nel limitare le prestazioni. Non esistono i “migliori” a priori, perchè le squadre migliori sono determinate dalla capacità di gestire la tensione emotiva durante la partita e in particolare in alcuni momenti decisivi. Chi riesce in questo sarà il migliore.
A tutti noi piace fare classifiche e stabilire chi è il più bravo. La questione tra Messi e Maradona soddisfa questa esigenza. Prima di questa discussione, c’è stato il confronto fra Pelè e Maradona su chi fosse stato il migliore al mondo. Ora è d’attualità quest’altra coppia. Nella nostra mente i migliori giocatori sono quelli che ci hanno di più emozionato, coloro che sanno fare goal, toccare e distribuire la palla in modo magistrale e saltare gli avversari, per queste ragioni portieri e difensori raramente sono stati premiati, non hanno queste caratteristiche e una splendida parata non equivale nel nostro immaginario a un’altrettanta splendida rete. Di conseguenza la scelta del migliore giocatore al mondo si restringe a pochi ruoli. A mio avviso sarebbe più equo stabilire quale sia stata la più forte squadra al mondo, anche se pure in questa scelta il fattore tempo gioca un ruolo fondamentale. Come si fa a dire se il Real Madrid delle prime edizioni della Coppa Campioni è stato più o meno forte del Milan di Sacchi o del Barcellona odierno. Lo stesso vale per le nazionali. Alla fine le classifiche servono solo a semplificare la nostra vita, a darci qualche finta sicurezza e a parlare, parlare, parlare che a noi esseri umani piace così tanto.