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Tamberi non era mentalmente pronto per la finale

Se è vero che le parole che esprimiamo comunicano un significato psicologico, quelle espresse d Giammarco Tamberi per spiegare la sua prestazione negativa nella finale del salto in alto ai mondiali di atletica leggera, ci dicono in quale direzione questo ragazzo dotato di talento deve migliorare.

Tamberi ha definito così la sua prestazione “La giornata è iniziata male, non avevo le sensazioni giuste … sono deluso e arrabbiato ma non so con chi prendermela. In genere s’impara dalle sconfitte, ma io devo ancora capire perchè. La pioggia mi ha condizionato? La pioggia c’è per tutti, non ci sono scuse, gli altri hanno saltato, si poteva fare, io no. Non capisco cosa è andato storto e dove ho sbagliato … se ho sentito la pressione? Sinceramente no, pensavo di stare bene, non vedevo l’ora di gareggiare dopo la lunga trasferta, invece niente … scusate”.

Tamberi assume su se stesso la responsabilità della sua prestazione negativa ma non sa spiegarsela. Per me sono tre gli errori mentali che ha commesso:

  • “Pensavo di stare bene” – Un atleta esperto non si accontenta di pensare ma fonda la sua convinzione sulle sensazioni che ha quando fa bene.
  • “Se ho sentito la pressione? Sinceramente no” – A questo punto tre possibilità o sei stanco o sei già appagato o sei così teso da non avvertire la sensazione di tensione. Limitata consapevolezza della propria condizione psicofisica e nessun piano per auto-regolarla.

e infine,

  • gli atteggiamenti narcisisti come quello di avere il volto per metà rasato e per metà con la barba, li lasci fare a Bolt, perchè poi bisogna saperli reggere con prestazioni eccezionali. Altrimenti rappresentano la volontà di affermarsi attraverso una moda e non grazie alla volontà di esprimersi al meglio di sé.

Queste sono a mio avviso le spiegazioni di questa prestazione negativa e gli obiettivi di miglioramento su cui Tamberi dovrebbe allenarsi.

 

Il narcisismo genitoriale: quando a scendere in campo non sono solo i sogni dei bambini

“Mio figlio voleva fare danza poi ovviamente ha scelto il calcio!”. Tante domande mi sono balzate in testa quando un allenatore- papà in fase di formazione mi ha detto questa frase. Ho pensato: ovviamente per chi? Ha scelto come? Chi è contento adesso?

Alcune di queste frasi le ho girate anche a questo papà, senza successo ovviamente, perché il narcisismo non ha occhi e non ha orecchie rivolte a qualcosa che non siano i suoi sogni e le sue idee.

Soffrono di narcisismo coloro che amano sé stessi più di ogni cosa, ma il narcisismo genitoriale è un’altra storia. I genitori narcisisti pretendono un certo comportamento da parte dei figli perché li vedono come un’estensione di se stessi, e hanno bisogno che i figli li rappresentino in campo e nel mondo, nel modo che più si avvicina ai loro bisogni emotivi. Queste caratteristiche porteranno il genitore a essere molto intrusivo in certi casi, e completamente assente in altri. E se il bisogno insoddisfatto è legato al calcio, ecco scendere in campo un piccolo calciatore a cui nessuno ha mai chiesto se è proprio lì che vuole stare. Il genitore soddisfa i suoi bisogni e rafforza la sua immagine mentre il bambino è lì a sentirsi colui che inevitabilmente non va mai abbastanza bene. Il bambino, in questi casi, mentre ha l’impressione di appartenere ad una razza speciale, ha anche il timore di essere meno interessante di quanto gli altri si aspettino e oscilla da un certo senso di superiorità, che rischia di renderlo spiacevole agli altri, a un senso di inferiorità che rende spiacevoli gli altri a lui.

I genitori narcisisti, sono controllanti, critici, concentrati su se stessi, intolleranti nei confronti del punto di vista altrui, inconsapevoli dei bisogni dei propri bambini. Il sentimento costante che questi bambini riferiscono è quello di non andare mai abbastanza bene. Questo costante posizione di frustrazione tenderà inevitabilmente a generare insicurezza.

La dinamica interattiva che si instaura in questi caso ha diversi sbocchi: o il bambino si adatta alla pressione proiettiva, rivestendo il ruolo predestinatogli senza apparenti disturbi (che esploderanno più avanti nel tempo) oppure,  l’equilibrio si rompe e il bambino esprime fortemente il bisogno di essere riconosciuto in qualità di persona e non come “ombra dei genitori“, ciò difficilmente potrà essere espresso con chiarezza e lucidità e sfocerà in quello che viene, troppo facilmente, definito un “comportamento difficile”: ribellione, bugie, aggressività.

L’amore di un genitore verso un figlio è  indiscutibile e senz’altro positivo,  ma spesso può capitare che un’intenzione positiva e generosa, come quella di un genitore verso il figlio, si trasformi in un meccanismo deleterio, perché non sempre  l’affetto è abbastanza  rispettoso del l’identità separata dell’altro. È necessario che il sentimento di un genitore, per essere positivo ed evolutivo per i figli, sia temperato e   tollerante dei limiti e  delle separazioni che inevitabilmente segnano il processo di crescita di un essere umano.

Probabilmente ognuno di noi porta con sé una forma fisiologica di narcisismo che  lo spinge a ricercare la stima  e l’amore degli altri, ma se tutto ciò non diventa un’ossessione nessuno ne verrà danneggiato.

Ecco qualche domanda da porsi per valutare il proprio grado di narcisismo:

  • Desidero sempre e comunque il riconoscimento degli altri per sentirmi appagato?
  • La mia vita quotidiana è troppo orientata al giudizio degli altri?
  •  La mia attenzione è focalizzata dai rimandi che gli altri mi inviano?
  • Tendo a svalutare mio figlio davanti ad un suo insuccesso?
  • Ho chiesto a mio figlio cosa veramente gli piace, cosa desidera fare e quali sono i suoi sogni?

Il narcisismo, ha colpito e intaccato l’arte di essere genitori, a più livelli della nostra società moderna, facendo spesso dimenticare che non sono il tetto, i vestiti o il regalare le ultime tecnologie a rendere genitori, ma il lungo e continuo lavoro di sintonizzazione sui bisogni emotivi, i desideri e i pensieri dei propri figli.

Ci sono due cose durature che possiamo lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali.”
(William Hodding Carter II )

(di Daniela Sepio)

Balotelli deve cambiare atteggiamento

Balotelli può diventare un talento sprecato, con il vantaggio di vivere in un mondo dorato che gli allevia gli insuccessi con il denaro che in ogni caso guadagna. Forse farà la fine di Cassano, felice sconfitto in una squadra minore, dopo avere potuto essere il talento del calcio italiano. Eterni ragazzi che non accettano le regole perchè considerano il loro talento superiore alla necessità di rispettarle. Il loro problema è che non sanno di avere un problema, per cui continuano a ripetere sempre gli stessi comportamenti negativi. Il problema è rappresentato invece dagli altri che non li capiscono e che limitano il loro genio calcistico. La collaborazione e lo spirito di squadra sono dimensioni sociali di cui non conoscono il significato, esistono solo loro; sono parte della generazione-Io. Pongono se stessi al centro del mondo e sono il parametro a cui si devono adeguare le regole. Narcisisti: sì e veramente grandiosamente negativi. Possono cambiare, certamente se capiranno che il mondo può fare a meno di loro.

Steve Jobs e il narcisismo produttivo

Alcuni anni fa lo psicologo Michael Maccoby, sulla scia di Kohut, ha illustrato il concetto di narcisismo produttivo. Si fonda sull’ipotesi che per avere successo è probabilmente necessario rendere produttiva questa fiducia che potremmo definire smisurata nelle proprie intuizioni, nel saperla trasformare in strategie aziendali e nell’organizzare le successive azioni. In tal senso il narcisismo si rivela utile se non addirittura necessario e si può così assumere che esista un narcisismo produttivo che consente di realizzare le grandi visioni personali e uno non-produttivo che si alimenta di illusioni grandiose che possono produrre clamorosi fallimenti. Questo è stato sinora Steve Jobs ma come lui molti altri a partire da Bill Gates al boss di Oracle Larry Ellison. I leader narcisisti produttivi sono individui indipendenti e non facilmente influenzabili, innovatori, dotati di una spiccata visione del futuro, strateghi efficaci, hanno successo negli affari per ottenere potere e gloria. Sono degli accentratori e vogliono imparare ogni cosa che possa influenzare lo sviluppo dell’azienda e dei suoi prodotti/servizi. Vogliono essere ammirati ma non amati. Sono in grado di perseguire i loro obiettivi in maniera aggressiva. Nel momento del successo corrono il rischio di perdere il contatto con l’ambiente. La loro competitività e il loro desiderio di riuscita li spingono continuamente verso nuove mete, nell’identificare i nemici da sconfiggere, in casi estremi e sotto stress possono manifestare comportamenti paranoici. Hanno bisogno di avere accanto a loro persone fiduciose, coscienziose, orientate alla concretezza e alla gestione operativa. Un’altra componente essenziale dei narcisisti produttivi consiste nella loro abilità ad attrarre le persone, attraverso il loro linguaggio convincono gli altri che ce la faranno a raggiungere quegli obiettivi che ora sembrano solo abbozzati. Molti li ritengono individui carismatici, abili oratori che sanno trasmettere entusiasmo e forti emozioni a quanti li ascoltano; in breve sanno far partecipare al loro sogno e sanno farlo sembrare realizzabile solo se vi sarà  l’impegno di tutti. Questo perché, nonostante la loro indipendenza, hanno comunque bisogno di avvertire la vicinanza degli altri. A questo riguardo, sono ormai parte della storia del XX secolo le parole di John F. Kennedy durante il suo discorso d’insediamento quando disse agli americani: “Ora l’appello risuona di nuovo: non ci chiama alle armi, per quanto le armi siano necessarie, non alla battaglia, per quanto già si combatta, ma a sopportare il peso di una lunga e oscura lotta che può durare anni…una lotta contro i comuni nemici dell’uomo: la tirannide, la miseria, la malattia e la stessa guerra…Pertanto, cittadini, non chiedete che cosa potrà fare per voi il vostro paese, ma che cosa potrete fare per il vostro paese.” Rappresentò un mattone significativo per la creazione del mito dei Kennedy, in quanto riuscì a trasmettere un solido messaggio di speranza e d’impegno, dopo il discorso inaugurale quasi tre quarti degli americani approvavano il loro giovane presidente. http://www.maccoby.com/Articles/NarLeaders.shtml  http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/09/01/quando-il-re-senza-eredi.html

 

Italiani con poche regole

Siamo più aggressivi, più depressi, più narcisisti, ma soprattutto pensiamo che, se non rispettano le regole, l’unico giudice a cui dobbiamo rispondere è la nostra coscienza, a volte particolarmente permissiva. È una «crisi antropologica» quella che stiamo vivendo. C’è un eccesso di «individualismo» nella società, ha affermato il presidente del Censis, Giuseppe De Rita – presentando oggi l’indagine «La crescente sregolazione delle pulsioni» – che «non finirà con il berlusconismo». In sostanza per il Censis “siamo una società in cui sono sempre più deboli i riferimenti valoriali e gli ideali comuni, in cui e’ piu’ fragile la consistenza dei legami e delle relazioni sociali. In questa indeterminatezza diffusa crescono comportamenti spiegabili come l’effetto di una pervasiva sregolazione delle pulsioni, risultato della perdita di molti dei riferimenti normativi che fanno da guida ai comportamenti”. Diventeremo tutti, Grandi o Piccoli Signori dei Tranelli?