I primi programmi di consulenza psicologica nell’ambito dello sport possono già essere rintracciati durante gli anni 20 del secolo scorso grazie al lavoro pionieristico di Coleman Griffith negli Stati Uniti e di Avksentii Puni in Unione Sovietica, ma bisogna giungere sino agli anni 70 perché le scienze dello sport siano riconosciute come un ambito conoscitivo in grado di fornire informazioni utili a migliorare l’allenamento e la prestazione sportiva e considerate ,nello stesso tempo, come un ambito di ricerca interessante per il mondo accademico (Weinberg e Gould, 2019; Ryba, Stambulova, e Wrisberg, 2005).
Nello sport di livello assoluto le prime esperienze codificate di preparazione psicologica risalgono al 1962 quando il comitato olimpico giapponese in preparazione delle Olimpiadi di Tokyo istituì al suo interno un settore dedicato ad affrontare la tematica dell’allenamento mentale degli atleti (Tomita, 1975). La prima massiccia presenza di psicologi ai giochi olimpici si è avuta comunque solo a partire dalle Olimpiadi di Los Angeles dove per il Canada vi parteciperanno ben 20 psicologi dello sport. E’ dal 1988, Olimpiadi di Seul, che la maggior parte dei paesi industrializzati ma anche nazioni in via di sviluppo (Nigeria, Cuba, Colombia, e Algeria) ha iniziato a servirsi in maniera sistematica di servizi di consulenza psicologica (Salmela, 1992).
Inizialmente, a partire dagli anni 60, l’allenamento mentale si è prefigurato come sistema basato sull’uso di tecniche per la gestione dell’ansia agonistica e sull’utilizzo della ripetizione mentale per migliorare la prestazione sportiva. In Nord America i primi programmi sono stati realizzati a partire dal 1971 da Richard Suinn con la squadra di sci alpino, elaborando un programma di preparazione psicologica proprio basato sull’integrazione tra tecniche di rilassamento e d’immaginazione mentale.
In Europa, le ricerche iniziali relative all’allenamento psicologico sono state condotte, così come in Nord America, sul ruolo della ripetizione mentale a opera degli studiosi tedeschi, dandogli il nome però di allenamento ideomotorio, ed evidenziando che nella regolazione psicologica dell’azione sportiva questo tipo di attività svolge tre funzioni (Frester, 1985). La prima è una funzione programmante l’azione motoria che si manifesta attraverso le ripetizioni effettuate; la seconda è rappresentata dalla funzione allenante, poiché favorisce il processo di perfezionamento e stabilizzazione della prestazione; la terza è la funzione regolante che favorisce il processo di controllo e correzione dell’azione motoria. Viene riconosciuto, analogamente a quanto proposto da Suinn, che la riproduzione ideomotoria è migliore se la disponibilità alla rappresentazione mentale viene incrementata in precedenza con metodi di rilassamento.